Una stella cadente è scesa su Giove, e l'abbiamo vista
È successo nel mese di aprile del 2020, ma lo studio scientifico che descrive l'accaduto è stato pubblicato solo a febbraio di quest'anno: una meteora super luminosa ha impattato su Giove, e grazie a una sonda spaziale siamo stati in grado di osservarla. Merito dello spettrografo della missione spaziale Juno organizzata dalla Nasa, con cui è stato identificato un intenso flash luminoso della durata di qualche millisecondo appena.
Dall'analisi dei dati raccolti nelle frequenze della luce visibile e dell'ultravioletto è emerso che non si è trattato di una classica aurora gioviana, ma di un cosiddetto bolide, ossia una meteora dalle grandi dimensioni che - entrando nell'atmosfera, in questo caso di Giove - si incendia producendo un intenso bagliore.
Come noto, questo fenomeno non riguarda solamente Giove, ma coinvolge tutti i pianeti del Sistema solare, inclusa la Terra. Il tutto si origina da meteoroidi, corpi solidi che viaggiano nello spazio: una volta entrati in contatto con l'atmosfera terrestre o con quella di un altro pianeta, questi ammassi rocciosi si dissolvono in polveri finissime oppure assumono la forma di meteore, corpi infuocati che lasciano una scia luminosa. E se per la Terra abbiamo una serie di celeberrime piogge di stelle cadenti ogni anno - dalle Perseidi alle Geminidi e alle Ursidi - studiate e comprese con grande precisione, per Giove conosciamo in tutto una decina appena di questi eventi.
Cos'è stato rilevato, di preciso
La missione Juno si basa su una sonda spaziale che ruota intorno a Giove su un'orbita polare (ossia che passa sulla verticale dei poli nord e sud) e che a intervalli regolari di 30 secondi scansiona una piccola porzione della superficie del pianeta. Progettata per rilevare le aurore gioviane e per studiare il campo magnetico, la sonda ha osservato per caso delle emissioni ultraviolette anomale durante la primavera del 2020, precisamente quando qui sulla Terra era il 10 aprile.
Ricostruire l’accaduto non è stato facile: il lampo luminoso principale (in parte composto di luce visibile e in parte, appunto, di ultravioletti) è stato registrato per soli 17 millisecondi, e non è possibile in alcun modo ricostruire che cosa sia accaduto prima e dopo quel brevissimo flash. La stessa sonda ha rilevato anche una serie di altri 11 lampi luminosi, ciascuno della durata compresa tra 1 e 2 millisecondi. Questi ultimi sono stati identificati dagli scienziati come Transient Luminous Event (in sigla Tle, a volte indicati anche come getti blu), fenomeni elettrici e luminosi della ionosfera che appartengono alla famiglia dei fulmini.
Dapprima si era ipotizzato che pure il segnale lungo 17 millisecondi potesse essere un Tle, ma le informazioni a disposizione lasciavano più di una perplessità: la durata del bagliore, seppur breve, era decisamente più lunga rispetto agli altri flash luminosi, e inoltre le caratteristiche spettrali della luce non mostravano il tipico picco associato all'idrogeno, differenziandosi molto rispetto alle aurore gioviane.
Analizzando nel dettaglio le caratteristiche della luce si è notato che l'emissione proveniva da un corpo spaziale che si trovava a un'altitudine di 225 chilometri sopra la superficie del pianeta (definita come il livello al quale i gas che compongono Giove hanno la pressione di un'atmosfera) e con una temperatura elevatissima, pari a 9.300°C. Il bolide che ha determinato questo flash luminoso penetrando nell'atmosfera si stima potesse avere una massa compresa tra i 250 e 1.500 chilogrammi, e un diametro da 1 e 4 metri. Insomma, una spettacolare stella cadente.
Perché Giove merita tanta attenzione
Grazie ai buoni risultati scientifici ottenuti fin qui, la vita utile di Juno è stata prolungata: la sonda proseguirà la sua missione in orbita intorno a Giove fino a settembre del 2025. Complessivamente arriverà a 9 anni di attività dal momento in cui, il 5 luglio del 2016, ha raggiunto Giove dopo un viaggio iniziato dalla Terra 5 anni prima. La conferma del prolungamento della missione da parte della Nasa, peraltro, è arrivata proprio poche settimane fa.
Il team impegnato nella missione ha già fatto scoperte importanti relative alla struttura interna, ai campi magnetici e alla magnetosfera di quello che è il pianeta più grande del Sistema solare. Gli obiettivi per i prossimi 4 anni e mezzo sono molto ambiziosi: verranno studiate, oltre a Giove stesso, le sue lune principali (Ganimede, Europa e Io) grazie a passaggi ravvicinati della sonda. Inoltre, verrà condotto uno studio degli anelli di plasma e polveri, poi nella parte finale della vita della sonda si sfrutterà la sua caduta verso il pianeta per osservare da vicino il polo nord. Tra i risultati più attesi c'è anche quello relativo alle misure delle maree gioviane, che sul pianeta sono determinate dall'effetto gravitazionale delle 4 cosiddette lune galileiane o medicee (oltre alle tre già menzionate, c'è anche Callisto).
Il motivo di questo particolare interesse per Giove e le sue caratteristiche - sappiamo per certo che non può essere abitato, dato che è gassoso - sta nel fatto che la sua struttura interna è fondamentale per conoscere i processi di formazione dell’intero Sistema solare. Guardare Giove così com'è oggi, infatti, ci permette di fare nuove scoperte sul nostro passato, andando indietro di miliardi di anni.