Riscaldamento globale, danni economici “come in tempo di guerra”: –12% del Pil per +1°, -50% entro il 2100
Il riscaldamento globale ci costa sempre più. Non solo in salute, vita, morti e ambiente malsano, ma anche in termini economici puri. Un aumento di un grado rispetto all’epoca precedente all’industrializzazione di massa (1850-1900), si traduce in una diminuzione del Prodotto interno lordo (Pil) mondiale del 12%.
Perdite 6 volte più del previsto
L'impatto economico è sei volte superiore a quello che si pensava precedentemente. A rivelarlo, come riporta il quotidiano britannico The Guardian, è un nuovo studio, che si è fermato all’aumento di un grado, quando ormai nell'ltimo anno siamo già oltre la soglia di +1,5° fissata come massima e invalicabile dagli accordi di Parigi sul clima del 2015.
Intanto la maggioranza degli scienziati autori di report per il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico dell’Onu (Ipcc) hanno detto sempre al Guardian di prevedere un aumento di 2,5° entro la fine del secolo e la maggioranza non esclude di che si superino i tre gradi. In entrambi i casi con scenari catastrofici per la vita e per l’ambiente.
Clima: Pil a -50% entro la fine del secolo?
È purtroppo semplice fare le debite proporzioni economiche. A tre gradi di aumento ci sarebbe “un declino in picchiata di prodotto, capitali e consumi che supererebbe il 50% entro il 2100”, a un livello “comparabile ai danni economici di una guerra permanente combuttata entro i propri confini”.
Lo studio arriva dopo un'altra ricerca sull’evoluzione del reddito medio a causa del riscaldamento globale. Tra i vari dati: -15% del reddito degli italiani entro il 2050 e, senza interventi, -60% nel mondo entro il 2100.
Clima: danni “come in tempo di guerra”
Già oggi spiega Adrien Bilal, economista di Harvard autore della ricerca assieme a Diego Känzig , economista della Northwestern University, il potere di acquisto, quello che possiamo comprare con il denaro, sarebbe del 37% più alto se non ci fosse stato il cambiamento climatico in atto da 50 anni. Siamo già a perdite comparabili a quelli che si vedono in tempi di guerra.
“Sia chiaro che parliamo solo in termini di consumi e Pil”, prosegue Bilal. “Le sofferenze e le morti causate da una guerra sono la cosa più importante e non vengono prese in considerazione da questa analisi. Il paragone può sembrare choccante ma in termini di puro Pil c’è un’analogia. Ed è un pensiero inquietante”.