Produrre carne dall’aria inquinata: è possibile?
Partendo dall’anidride carbonica, il principale responsabile dell’inquinamento atmosferico e dell'effetto serra, sembra sia possibile creare qualcosa che somiglia vagamente a una succulenta bistecca o a un filetto di salmone. Almeno in termini di nutrienti. I promotori di questa idea sono la fisica Lisa Dyson e lo scienziato dei materiali John Reed, al lavoro ai Barkley Lab statunitensi.
Tutto è nato dall'avere rispolverato una vecchia ricerca condotta dalla Nasa, che decenni fa avrebbe dovuto fornire le basi scientifiche e tecnologiche per produrre risorse alimentari a partire da sostanze che sembrano non avere nulla a che fare con il cibo. Per progredire nella ricerca, i due scienziati hanno fondato anche una startup, che ha un obiettivo del tutto analogo: produrre cibo sostenibile in maniera economica, sottraendo anidride carbonica dall’atmosfera.
La crisi climatica creerà carenza di cibo
L’agricoltura è responsabile di un quarto delle emissioni annuali di gas serra, più del settore trasporti. In un contesto di lotta al riscaldamento globale, dove si persegue l’obiettivo di azzerare le emissioni nette di CO2 entro il 2050, i processi alimentari devono diventare sempre più sostenibili e attenti all’ambiente. Il consumo di carne, centrale nell'alimentazione di molte persone in tanti stati, a livello mondiale si aggira sui 350 milioni di tonnellate all’anno e sta continuando a crescere anche con l’aumento della popolazione globale.
L’altro problema con cui stiamo già facendo i conti, e che con il tempo tenderà ad aggravarsi sempre più, riguarda la carenza di cibo. Le persone che vivono in uno stato di grave insicurezza alimentare, secondo un recente rapporto Fao, sono oltre il 10% della popolazione globale. La crisi climatica e l’incremento del numero di persone sulla Terra rischiano di mettere in difficoltà alcune aree del nostro pianeta, tra cui soprattutto l'Africa subsaharaina e l'Asia meridionale, con una profonda carenza di cibo che molti esperti pronosticano per i prossimi anni. Proprio per questi motivi trovare modi alternativi di produrre carne potrebbe essere cruciale, per innescare un circolo virtuoso potenzialmente in grado di invertire la tendenza e di fornire cibo a basso costo per molte persone. Oltre tutto il ciclo attuale che porta a produzione e consumo di carne è molto inquinante.
Le iniziative come noto sono molteplici, dalla realizzazione di analoghi della carne a partire da proteine vegetali alla crescita dei tessuti muscolari in laboratorio, per arrivare fino a soluzioni più azzardate come i cibi a base di insetti. L'idea della carne dall'anidride carbonica avrebbe il valore aggiunto di non limitarsi a ridurre le emissioni, ma addirittura di avere un bilancio carbonico negativo, ossia di stabilire una filiera produttiva al termine della quale ci sarebbe in atmosfera una quantità di anidride carbonica inferiore rispetto all'inizio.
Da dove nasce l’idea?
Come anticipato, Dyson e Reed durante le loro ricerche si sono imbattuti in vecchi studi della Nasa risalenti agli anni Sessanta. In particolare, un documento datato 1967 ha destato la loro attenzione: venivano analizzati dei metodi potenzialmente efficaci per fornire nutrimento agli astronauti durante i lunghi viaggi nello spazio.
Tra le varie idee proposte ce n’era una che suggeriva di combinare microbi e anidride carbonica per produrre cibo. Da qui era nata per esempio un'iniziativa per utilizzare la CO2 riciclata per generare cibi commestibili che fossero alternativi all’olio di palma e agli agrumi, concretizzata in un'azienda ancora operativa. Da allora, però, nessuno diede seguito a questi studi iniziali per la produzione di cibi proteici, almeno fino al 2008, quando Dyson e Reed ripresero proprio da dove ci si era fermati quaranta anni prima.
Per promuovere l’economia circolare e contribuire alla pulizia dell’atmosfera dai gas serra, la nuova proposta è dunque di produrre sostitutivi della carne o del pesce utilizzando l’anidride carbonica. Un ruolo fondamentale all'interno di questo processo viene svolto da un gruppo di microbi che sono appunto in grado di trasformare la CO2 in amminoacidi, i costituenti fondamentali delle proteine. In fin dei conti, il processo non è così diverso da quello che porta alla produzione dello yogurt e della birra.
Dal 2004 a oggi sono stati fatti molti passi in avanti, e gli studi sono progrediti notevolmente. La speranza è che presto sarà possibile compiere i primi assaggi e verificare l’efficacia di questo prodotto alimentare innovativo.
Meno emissioni e pochi costi, ma sarà buono?
La finalità di queste ricerche è molto chiara: rispondere ai cambiamenti climatici e alla carenza alimentare proponendo un nuovo modo di realizzazione del cibo. I potenziali benefici per l'ambiente sono enormi in quanto complessivamente il processo di produzione della carne è a impatto negativo, riducendo la quantità di anidride carbonica dispersa nell’atmosfera.
La CO2, infatti, verrebbe estratta utilizzando impianti ad hoc e convogliata nei serbatoi per la fermentazione dei batteri idrogenotrofi, ossia capaci di metabolizzare l'idrogeno molecolare come fonte di energia. In termini di risorse utilizzate, la tecnologia non richiede utilizzo di suolo e si basa sull’utilizzo di fonti di energia rinnovabile. E ancora, serve pochissima acqua: basta pensare che ne richiede 15mila volte meno rispetto alla produzione della carne di manzo tradizionale. Un altro vantaggio riguarda il tempo di produzione, molto inferiore rispetto alla carni convenzionale e alle varie alternative a base vegetale.
Non è tutto così semplice, però. Le incertezze maggiori riguardano gli effetti sul nostro apparato digerente e il gusto, elemento essenziale per il piacere del cibo. Per avere delle risposte certe bisognerà attendere i prossimi sviluppi.
Per ora, l’aspetto su cui si focalizza l’attenzione della ricerca è quello dei costi: bisogna riuscire a produrre carne utilizzando anidride carbonica con una spesa competitiva sia rispetto a quella del metodo industriale classico sia a quella di mercati alternativi che utilizzano soia o altre proteine vegetali. Per ora, le prospettive sono buone visto che molti investitori hanno manifestato grande interesse nel corso del 2021. Il processo, dicono gli scienziati, è già economicamente vantaggioso e con il tempo lo diverrà sempre di più.