Marte, Adrian Fartade: "Ecco quando e come ci arriverà il primo uomo"
Può essere difficile da credere, ma manca tutto sommato poco alla storica missione inaugurale con equipaggio che porterà delle persone su Marte. La Nasa ha affermato che gli astronauti raggiungeranno la superficie del Pianeta rosso, o almeno la sua orbita, già entro il 2030. Una missione possibile ma davvero ambiziosa, considerando i molti problemi e le tante sfide che i tecnici devono affrontare per rendere possibile tutto questo.
Passare dalla Luna a Marte richiede un notevole balzo in avanti in termini di tecnologia, e di conseguenza devono essere messi a disposizione strumenti innovativi in grado di supportare questo tipo di missioni. I problemi principali riguardano soprattutto la distanza Terra-Marte e l'intensità delle radiazioni cosmiche che bombarderebbero gli astronauti per tutto il tragitto. Abbiamo cercato di fare chiarezza sull’argomento qui su Meteo.it insieme ad Adrian Fartade, storico della scienza e divulgatore scientifico che si occupa di astronomia e astronautica, nonché autore del libro A piedi nudi su Marte.
Quando raggiungeremo Marte?
La domanda è apparentemente semplice, ma la risposta è più complessa di quanto si possa pensare. Anche se sono molti gli stakeholder in campo che si stanno prodigando per giungere al risultato in tempi rapidi, le incertezze restano tante. "Partiamo dalle buone notizie: a differenza del passato, per la prima volta nella storia dell’umanità possiamo vedere che è in corso la costruzione di una navicella spaziale - e del relativo sistema di lancio - progettata per portare gli esseri umani su Marte", esordisce Fartade. "Tutti questi sistemi innovativi si vedranno in azione probabilmente già nel 2025, con la missione Artemis 3 che ha l'obiettivo di riportare un equipaggio sulla Luna e di costruire una base permanente sul suolo lunare, così da svolgere studi più dettagliati utili per le missioni spaziali future".
In particolare, sarà realizzato da Space X (l'azienda aerospaziale di Elon Musk) un veicolo di lancio riutilizzabile denominato Starship, composto da booster (il razzo utilizzato per accelerare il decollo) e navicella. I primi test entro i 12 chilometri di quota sono già avvenuti e hanno mostrato risultati ottimi, e proprio nel corso del 2022 verranno effettuati i primi lanci nello spazio: se non proprio in orbita, per lo meno si arriverà oltre la quota convenzionale (detta linea di Karman, a circa 100 chilometri di quota) che separa l'atmosfera dallo spazio: "Di fatto, si può intendere la missione che ha come obiettivo il suolo lunare come una sorta di banco di prova per la più ambiziosa spedizione su Marte".
"Ma oltre alle tempistiche", prosegue Fartade, "l’altro grosso problema riguarda i costi. Il pianeta rosso è decisamente lontano, e per questo sono richieste spese consistenti non solo per la missione in sé, ma soprattutto per sviluppare le tecnologie necessarie, per la preparazione degli astronauti e per tutto quello che sta intorno a questa sfida. Le idee per affrontare queste tematiche ci sono, ma non sono ancora stati effettuati sufficienti test ed è difficile riprodurre le condizioni che incontreranno gli astronauti una volta in viaggio verso (o all'arrivo su) Marte". Insomma, farcela entro 10 o 15 anni non è affatto scontato, anzi abbastanza improbabile considerando i budget attuali a disposizione delle agenzie spaziali.
Di quanto tempo parliamo? "Al momento è davvero difficile pronosticare una data, ma probabilmente dopo i lanci con le Starship del 2025 avremo qualche indicazione temporale più precisa", ha risposto Fartade. È importante comunque ricordare che i fondi per finanziare questi progetti arrivano soprattutto dalle agenzie spaziali e non da aziende private come Space X, che si occupa solo di progettare e costruire i mezzi di trasporto.
Anche se non è possibile avere una data per l'ammartaggio degli esseri umani, perché non abbiamo tutti gli elementi necessari per stabilire un calendario preciso, si può azzardare una linea del tempo indicativa: "Nel migliore caso possibile, ossia se tutto procede come previsto durante la missione Artemis 3, entro la fine di questo decennio sarà possibile lanciare Starship senza equipaggio sulla superficie di Marte, per vedere se tutto funziona. Negli anni Trenta così potranno iniziare le missioni con persone, che inizialmente faranno solo un giro nell’orbita di Marte per poi ritornare a Terra, come accaduto a suo tempo con la missione Apollo 8 per la Luna".
Ecco quindi la migliore e più ottimistica stima. "Per andare fisicamente fino sulla superficie di Marte. probabilmente sarà necessario attendere il decennio successivo", gli anni Quaranta di questo secolo. "Sarebbe davvero fantastico se si riuscisse ad anticipare appena, al 2039, esattamente 70 anni dopo il primo allunaggio". Peraltro non si può partire per Marte quando si vuole, ma occorre attendere una delle finestre di lancio, che si aprono ogni 22 mesi circa.
Arrivare fin là non è una passeggiata
La distanza media tra la Terra e Marte è di 254 milioni di chilometri, e quando i due pianeti si trovano nella posizione più ravvicinata si arriva ad appena 55 milioni di chilometri. Per dare un’idea di quanto sia lontano il Pianeta rosso, basta pensare che la Luna dista appena 284mila chilometri. Si tratta indubbiamente di un viaggio molto lungo e che richiede, con le attuali tecnologie, un tempo di viaggio compreso tra i 6 e i 9 mesi. Peraltro è importante cercare di viaggiare per il minore tempo possibile, per via delle radiazioni a cui si è esposti rimanendo nello Spazio, che possono causare gravi danni alla salute degli astronauti.
"Per facilitare l’arrivo su Marte in tempi più brevi si è ipotizzato di rifornire la navicella spaziale durante il volo, riducendo di quasi un paio di mesi il tempo necessario per il viaggio", spiega Fartade. "Avere più carburante a disposizione significa potere accelerare di più, e anche rallentare in maniera più incisiva al momento dell'arrivo". Facile a dirsi, un po’ meno a farsi: "Rifornire la navicella in orbita non è affatto scontato, e ancora più complesso è riuscire a produrre carburante (ossia metano, usato per la Starship, ndr) direttamente sulla superficie di Marte e utile per il viaggio di ritorno". Una soluzione potrebbe essere rappresentata dal fatto che l’atmosfera marziana contiene anidride carbonica (CO2), da cui si può pensare di ricavare il metano sfruttando l’acqua (H2O) presente sotto forma di ghiaccio. "In questo modo si otterrebbe anche ossigeno utile per gli astronauti da respirare e pure per la propulsione della Starship".
Insomma, le possibilità teoricamente ci sono, ma mettere in pratica tutto questo non è così banale: i risultati che si potrebbero ottenere da un uso virtuoso delle risorse permetterebbero un grande guadagno in termini di peso per il viaggio, di possibilità di permanenza sul suolo di Marte e soprattutto di rapidità nel viaggio di andata e di ritorno. "Una soluzione potrebbe anche essere rappresentata da una missione esplorativa sulla luna Fobos, il più interno dei due satelliti naturali di Marte, che potrebbe fornire importanti indicazioni sulle caratteristiche dell’atmosfera del pianeta. Essendo una luna molto piccola, di una ventina di chilometri di diametro, la gravità è molto piccola e si può ri-decollare facilmente", continua Fartade.
Marte: "Non è e non dev'essere, una corsa"
Un ulteriore elemento da non sottovalutare, al di là dei temi tecnologici ed economici, riguarda le questioni politiche, non solo per chi si prende il merito di avere raggiunto per primo l’obiettivo dell'ammartaggio umano ma anche per quanto riguarda la volontà internazionale di collaborare: "Quando siamo andati sulla Luna era per volontà politica legata alla Guerra fredda. Ora ci torniamo sempre per volontà politica, e se andremo su Marte sarà di nuovo per lo stesso motivo".
"Quando siamo andati sulla Luna nel 1969 c’era un chiaro obiettivo strategico, ossia dimostrare la superiorità dei Paesi. Una volta raggiunto lo scopo, di fatto non è stato dato alcun seguito alla volontà di proseguire. Per Marte non si tratta di una corsa e questo implica che l’obiettivo non è solo fare una toccata e fuga, bensì creare una base stabile in grado di determinare un significativo passo in avanti per il futuro, e per fare questo servono tecnologie molto avanzate e una serie di strumenti di cui oggi non disponiamo ancora".
"Il rischio maggiore di tutto il programma", aggiunge Fartade, "è che si verifichi un calo di interesse per la politica e che di conseguenza i programmi non vengano più finanziati a dovere". Basta ricordare che la missione Apollo 13, quella anche del film con Tom Hanks, non fosse stato per i celeberrimi guai che ha avuto, non sarebbe nemmeno stata raccontata dalle televisioni, per capire che il tema dell'interesse mediatico e pubblico non è affatto da sottolineare. Dopo la storica scoperta del bosone di Higgs, pure il Cern di Ginevra e il suo acceleratore di particelle Lhc stanno avendo qualche difficoltà a suscitare interesse.
Proprio per questo motivo è importante che tutti gli Stati facciano la propria parte: solo attraverso una stretta collaborazione e un’infrastruttura diplomatica in grado di sostenere il processo di crescita sarà possibile ottenere risultati in tempi (tutto sommato) rapidi, e soprattutto duraturi nel tempo: "Non dimentichiamo che il settore spaziale è quello che consente di tenere aperti canali di dialogo internazionali di fondamentale importanza strategica: quando ci fu la guerra di Crimea nel 2014, con la crisi tra Russia e Ucraina, la Stazione spaziale internazionale divenne il tavolo diplomatico comune per tenere aperto il dialogo e la trattativa".