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Vaccini contro i tumori: grandi progressi con l'mRna. A che punto siamo?

La pandemia ha accelerato il processo di ricerca nell'ambito dei vaccini, soprattutto per la tecnologia a Rna messaggero. Ecco come potrebbe essere possibile prevenire e curare molte malattie tumorali.
Salute7 Marzo 2022 - ore 10:04 - Redatto da Redazione Meteo.it
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(foto: Unsplash)

Presto potremmo avere un vaccino in grado di curare molte forme tumorali che ogni anno colpiscono decine e decine di migliaia di persone solo in Italia. Già oggi vengono comunemente utilizzati dei vaccini per prevenire l’insorgenza di alcuni tumori specifici causati da agenti infettivi: è il caso del papillomavirus umano (Hpv) e del virus dell'epatite B (Hbv), in cui il processo di protezione dal contagio virale è in grado di ridurre in maniera più che significativa anche la probabilità di sviluppare tumori rispettivamente all'utero e al fegato.

Ma il campo d'azione dei vaccini non si esaurisce con la prevenzione, perché si estende pure alla cura dei pazienti che già soffrono di patologie oncologiche. La pandemia di Covid-19 ha dato grande impulso alla ricerca, promuovendo lo studio soprattutto dei vaccini a mRna (Rna messaggero), risultati di notevole importanza nella lotta al virus Sars-Cov-2. Proprio da questa accelerazione nella ricerca deriva la convinzione di potere arrivare nel giro di pochi anni dei vaccini efficaci per combattere molte malattie tumorali.

Il Covid-19 e l'impulso alla ricerca scientifica

Sono anni che si lavora allo sviluppo di un vaccino in grado di prevenire l’insorgenza dei tumori, o di contrastarli nel momento in cui questi si sono già manifestati. Di passi avanti ne sono stati fatti tanti, ma fino al 2019 la soluzione al problema sembrava piuttosto lontana, con un progresso scientifico che era costante ma non particolarmente rapido.

(foto: Pixabay)

L'emergenza pandemica ha fatto sì che negli ultimi 2 anni la ricerca abbia fatto passi da gigante, vista l’esigenza urgente di contrastare il Covid-19. I progressi maggiori sono stati fatti soprattutto per quello che riguarda la tecnologia a mRna, diventata di uso comune e alla base dei due vaccini più utilizzati in assoluto, ossia quelli di Moderna e Pfizer-BioNTech. Vista la grande efficacia nel prevenire l'infezione dal Covid-19, questo strumento di prevenzione ha suscitato un interesse sempre crescente e i progressi nel mondo scientifico hanno coinvolto anche altri settori tra cui quello oncologico.  

La tecnologia a mRna per la produzione dei vaccini ha notevoli vantaggi: si possono creare in fretta (e il metodo di realizzazione potrà diventare sempre più rapido mano a mano che la ricerca prosegue), sono sicuri e non presentano rischi di tossicità, si potranno adattare con maggiore elasticità ai pazienti rispetto ai vaccini tradizionali, presentano un ottimo livello di versatilità e sono in generale più economici.

Insomma, i vaccini a mRna vengono studiati e analizzati da anni per i loro grandi vantaggi, ma la ricerca recente ha permesso di mettere in luce alcuni aspetti davvero interessanti e in grado di promuovere la prevenzione e la cura di tante casistiche oncologiche.

Vaccini tradizionali e a mRna

Facciamo un passo indietro: di vaccini ne esistono di tantissime tipologie e ognuna di queste presenta caratteristiche specifiche tale da avere più efficacia per il trattamento di certe patologie rispetto ad altre. Vaccini vivi attenuati, inattivati, ad agenti purificati e proteici ricombinanti sono solo alcuni degli esempi più conosciuti.

Molto spesso, soprattutto durante i primi mesi di pandemia, si è sentito parlare della differenza tra vaccini "tradizionali" e vaccini a mRna: i primi sono fatti con virus attenuati o inattivati e quindi abituano, di fatto, il nostro sistema immunitario a individuare ed eliminare un determinato virus o batterio. I secondi, invece, si basano sull’iniezione di una molecola, appunto l’Rna messaggero, che innesca la produzione di una proteina che è presente anche nel patogeno da cui proteggersi, poi riconosciuta dal nostro organismo come estranea e quindi utile a combattere i veri patogeni qualora li si dovesse incontrare. Da questo processo scaturiste la resistenza all’agente scatenante la malattia.

Riconoscere i tumori come agenti estranei

Il nostro sistema immunologico è in grado di identificare tutto ciò che è estraneo all’interno del nostro organismo: virus, batteri o cellule che vanno incontro a un processo di alterazione. Gli anticorpi poi aggrediscono questi agenti esterni e cercano di eliminarli. La sfida che da tempo la ricerca scientifica si è proposta di affrontare è trovare un modo per insegnare al nostro sistema immunitario a riconoscere le cellule tumorali, innescando quindi la risposta fisiologica in grado di eliminarle, evitandone la proliferazione. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi.

(foto: Unsplash)

La tecnologia utilizzata con i vaccini a mRna può essere molto utile per questo scopo. In pratica, grazie a una molecola inserita nel nostro corpo si ottiene la capacità di riconoscere una specifica caratteristica del bersaglio e di conseguenza si riesce a reagire in tempi rapidi. Nei vaccini contro il cancro si insegna al nostro sistema immunitario a riconoscere le cellule tumorali come estranee e pericolose, mentre di solito queste non vengono percepite come nemiche del nostro organismo. Una volta creata la memoria immunitaria, il processo di difesa si innesca in maniera automatica.

Le sfide più importanti da vincere

Anzitutto, esistono tantissime diverse forme tumorali, e ciascuna presenta caratteristiche specifiche diverse e che la differenziano dalle altre. Riconoscere ciascuna di queste mutazioni non è una sfida semplice, perché bisogna riuscire a produrre un vaccino in grado di identificare e riconoscere come nemico tumori simili ma con caratteristiche leggermente differenti. Per questo si sta cercando di individuare degli elementi comuni nelle varie cellule tumorali, una sorta di bersaglio che valga per tutti.

(foto: Unsplash)

Il vaccino a mRna permette di riconoscere l’agente tumorale ed eliminarlo come un qualsiasi altro elemento estraneo, un virus o un batterio. Per questo si parla di vaccino preventivo, in quanto soltanto se somministrato prima della comparsa del tumore può essere efficace.

Diverso, e molto più complicato da realizzare, è invece un vaccino curativo, ossia in grado di intervenire sul nostro organismo e supportare l’eliminazione delle cellule tumorali una volta che queste si sono già diffuse. Per questo scopo si sta cercando di personalizzare il vaccino in base alle caratteristiche specifiche del paziente e del tumore che lo ha colpito. Il problema, però, è che anche il patrimonio genetico delle cellule tumorali con il tempo tende a modificarsi, generando delle sottospecie nuove che diventano immuni al vaccino. Magari inizialmente si possono anche ottenere buoni risultati, riducendo le masse tumorali, ma ben presto il processo si arresta e si sviluppa una resistenza al vaccino. In questo senso la tecnologia a mRna può essere potenzialmente molto utile proprio perché permette di adeguare rapidamente il vaccino e adattarlo alle mutazioni che si manifestano.

Si tratta di due approcci completamente diversi, preventivo e curativo, che possono completarsi l’un l’altro e rendere la terapia vaccinale contro i tumori davvero molto efficace. Ma, soprattutto per quello curativo, la strada da percorrere è ancora tanta: serviranno di sicuro ulteriori studi per potere verificare la reale efficacia delle misure curative e la possibilità di utilizzarle in associazione alle altre terapie come chirurgia o ai farmaci più comunemente utilizzati (radioterapia, chemioterapia eccetera). Insomma, bisognerà attendere ancora un po', speriamo qualche anno.

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