Coronavirus, in arrivo test rapidi per le scuole
L'esigenza è chiara: riuscire a garantire il miglior monitoraggio possibile della circolazione del nuovo coronavirus, il Sars-Cov-2, all'interno delle nostre scuole. E per farlo, dato che il classico tampone con test molecolare Pcr richiede uno o due giorni e quindi è troppo lento, la più efficace tra le opzioni attualmente disponibili sembra essere il cosiddetto test rapido, o tampone rapido.
Secondo la timeline stabilita dal commissario straordinario per l'emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, si concluderà giovedì 8 ottobre, alle 18:30 il bando per la fornitura e la "distribuzione sul territorio nazionale con mezzi idonei" di 5 milioni di kit.
Come funzionano i test rapidi
Anche se dal punto di vista della persona da testare si tratta del solito tampone oro-rino-faringeo che tutti abbiamo imparato a conoscere negli ultimi mesi, la differenza rispetto alla modalità standard sta nel tipo di analisi che viene fatta sul campione di muco e saliva prelevato. Il materiale raccolto in profondità nella gola e nel naso non viene infatti sottoposto al già citato test Pcr (Polymerase Chain Reaction, un modo per rintracciare l'rna del nuovo coronavirus), bensì a un test antigenico. Come la parola suggerisce, questa procedura permette di scovare alcune proteine - dette antigeni - peculiari della struttura superficiale di Sars-Cov-2.
Anche il test rapido dunque va a caccia di tracce dirette del nuovo coronavirus, a differenza dei test sierologici, che invece cercano gli anticorpi nel sangue. E al di là delle questioni tecniche di biologia molecolare, la differenza principale tra la versione rapida e quella classica del tampone sta nel tempo necessario per ottenere l'esito. In media bastano infatti 30 minuti per conoscere il risultato del test, e il tempo può essere ridotto fino a 15 minuti.
Come è facile immaginare, alla rapidità del test si associa però una minore accuratezza nella risposta. Secondo le valutazioni a oggi disponibili, il test rapido ha un'affidabilità dell'80%, soprattutto a causa dei falsi negativi. Ciò significa che c'è una probabilità non trascurabile che chi porta in corpo il Sars-Cov-2 non venga identificato come positivo, specialmente se la sua carica virale è bassa. In senso opposto, anche se più di rado, si potrebbe invece dare per positiva una persona che non lo è.
Per quanto la presenza di falsi positivi e falsi negativi sia una caratteristica intrinseca e ineliminabile di qualunque test diagnostico, il potenziale 20% di esiti scorretti ha indotto a inserire nel protocollo ministeriale un'ulteriore verifica. Chi risulta positivo al test rapido, infatti, deve poi sottoporsi anche a quello standard, che come noto ha un'affidabilità molto superiore. Chi invece risulta negativo non deve sottoporsi ad altri test, e si presume che la sua carica virale (se c'è) sia comunque bassa. Complessivamente, come ha spiegato il Ministero della salute, la finalità dei test rapidi è quella di fare uno screening, intercettando la gran parte dei casi senza la pretesa di scovarli tutti.
Come saranno usati i test nelle scuole
Il numero di kit diagnostici ordinati corrisponde a più della metà degli 8 milioni di studenti italiani: l'idea di fondo sembrerebbe quella di eseguire i test rapidi ogni volta che c'è il sospetto di un focolaio.
Lo scopo è da un lato fare più test, senza intasare i laboratori di analisi che si occupano dei tamponi standard, e allo stesso tempo fornire risposte più rapide, che possano evitare la chiusura di classi e scuole nell'attesa di ricevere gli esiti. E in secondo luogo, di ridurre le sospensioni dell'attività scolastica in presenza allo stretto indispensabile, prevedendo chiusure e quarantene solo quando il virus si è effettivamente diffuso all'interno di un istituto, e non per un singolo caso isolato. Con l'arrivo della stagione fredda e il conseguente aumento dei casi perlomeno sospetti (ricordiamo che tra Covid-19 e influenza stagionale è difficilissimo fare distinzioni sulla base dei sintomi, in assenza di un test specifico), è stato ritenuto importante avere a disposizione uno strumento diagnostico accessibile, rapido e scalabile, anche a discapito del livello di performance.
Una linea, questa, proposta dal Comitato tecnico scientifico e che alla fine di settembre ha ricevuto il parere favorevole anche dal Ministero della salute.
Perché proprio i test rapidi
Al momento il tampone rapido con test antigenico sembra essere il miglior compromesso a disposizione. Non avrebbe senso infatti puntare per questi scopi sui test sierologici, che nulla dicono riguardo alla positività della persona al momento in cui vengono eseguiti. E poco efficaci paiono anche i test salivari, unica vera alternativa proponibile al tampone. Secondo la valutazione degli esperti, allo stato attuale esistono due criticità non ancora superate. Anzitutto la necessità di un laboratorio attrezzato per l'analisi del campione di saliva. E poi, soprattutto, hanno un'affidabilità ancora più bassa dei test rapidi.
Non è un caso che sempre i test rapidi siano quelli scelti anche per altri contesti, oltre a quello scolastico, in cui occorre testare molte persone in poco tempo, come per esempio gli aeroporti. L'unico caso in cui il test salivare rappresenta una buona alternativa è per i più piccoli, che con molta difficoltà possono essere sottoposti a un test relativamente invasivo come un tampone. Sono state annunciate infatti sperimentazioni ad hoc per i bambini tra i 3 e i 6 anni, a partire dal Lazio.