Ci sono meno casi di influenza quest'anno?
La compresenza di Covid-19 e influenza stagionale è uno dei temi più chiacchierati e discussi fin dalla scorsa primavera. Soprattutto per il timore, almeno in linea di principio, che le due epidemie virali possano sovrapporre i loro effetti, sia generando confusione tra le malattie sia mettendo ancora di più sotto stress il sistema sanitario nazionale. Stando ai dati aggiornati a prima delle festività natalizie, però, la stagione influenzale sembra di fatto non essere ancora iniziata, tanto è bassa l'effettiva incidenza dei casi a livello di popolazione generale.
Non ha senso parlare di ritardo
Per dare qualche numero, nella settimana 51 del 2020 (quella che va dal 14 al 20 dicembre) è stata registrata un'incidenza complessiva di 1,7 casi ogni mille persone, contro un valore di un anno prima pari a 4,2. Dati che sono stati ottenuti combinando diversi sistemi di sorveglianza dell'influenza, a partire da InfluNet, e riportati anche dall'Istituto superiore di sanità.
"Più che di influenza in ritardo, abbiamo proprio una circolazione bassa", ha spiegato a Meteo.it Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale Simg. "Sia le malattie influenzali sia quelle simil-influenzali, che di solito rappresentano ciascuna la metà dei casi, per ora sono ampiamente sotto la soglia dell’anno scorso a parità di periodo. Non ci sono elementi per dire che sia solo una posticipazione, ma anzi c’è probabilmente una limitazione della diffusione per via delle misure di contenimento anti Covid-19, che ovviamente hanno effetto su tutte le malattie a trasmissione aerea".
Perché potremmo avere meno casi di influenza
I motivi che potrebbero portare ad avere, nella stagione fredda 2020-2021, un numero di malati d'influenza molto inferiore al solito sono diversi. A partire ovviamente dalle precauzioni anti-contagio che la grandissima maggioranza delle persone sta rispettando: indossare le mascherine, mantenere la distanza interpersonale, arieggiare spesso gli ambienti, limitare al massimo il numero di contatti stretti, non incontrare altre persone se si hanno sintomi, e molti altri.
Ma oltre a questo, che anche la rivista Nature ha descritto come un epocale esperimento collettivo sulla circolazione dell'influenza, ci sono altri fattori concomitanti. Come per esempio la drastica riduzione dei viaggi internazionali, che potrebbe aver bloccato o rallentato di molto lo scambio di virus tra i due emisferi. Impedendo al patogeno che circola in quello nord durante l'inverno boreale di raggiungere l'emisfero australe, e viceversa. Poi, ancora, c'è la questione delle vaccinazioni antinfluenzali, che potrebbe avere da sola un peso uguale o superiore a tutto il resto. In Australia, per raccontare un caso specifico, durante la pandemia si sono vaccinati contro l'influenza 7,3 milioni di persone, contro i 4,5 e 3,5 milioni dei due anni precedenti. E in tutta la stagione invernale (la nostra estate) su più di 80mila test eseguiti tra l'Australia stessa, il Cile e il Sudafrica sono stati trovati appena 51 casi di influenza vera e propria.
"Complessivamente anche per l'Italia ci aspettiamo una diminuzione dei casi di influenza rispetto agli anni scorsi", ha confermato Cricelli. "Così come siamo fiduciosi che le misure facciano diffondere meno il Sars-Cov-2, lo stesso dovrebbe accadere anche agli altri virus che stanno alla base delle malattie respiratorie".
Non è facile quantificare, però, l'effettivo impatto della vaccinazione. "Ora la campagna antinfluenzale è di fatto conclusa, per via della mancanza di ulteriori dosi vaccinali", ha chiarito Cricelli. "Mancano all'appello alcuni milioni di dosi, che sono state ordinate in ritardo oppure non consegnate. Nel complesso sono stati vaccinati tra i 14 e i 15 milioni di persone, tante quante sono le dosi effettivamente distribuite. Con una precisazione: il vaccino contro l'influenza non ha alcun effetto sulle patologie non influenzali, su cui contano solo il distanziamento e le altre precauzioni". Si tratta di centinaia di altri virus, da quello del raffreddore comune a tutti quelli che determinano le cosiddette sindromi para-influenzali.
Difficile fare proiezioni e previsioni
Le tipiche domande che si affastellano in queste settimane vertono tutte su quando arriverà il picco dell'influenza e su quanti italiani si ammaleranno in tutto. A oggi, però, è impossibile dare una risposta sensata.
"Formalmente si parla della partenza dell’influenza stagionale quando si arriva a una certa soglia di contagi", ha aggiunto Cricelli, "ma è un valore che non si è ancora raggiunto, e che si raggiungerà forse a gennaio". E se è vero che di solito il picco arriva a febbraio o alla fine di gennaio, per il 2021 non ha ancora senso sbilanciarsi, perché i casi conteggiati da quando il monitoraggio è partito (come ogni anno, dalla settimana 42, ossia il 12 ottobre nel caso del 2020) sono semplicemente pochi.
"I numeri sono troppo bassi per fare conti, per elaborare curve statistiche o per dare quantificazioni, perché la curva è sostanzialmente piatta", ha chiosato. "Sbilanciarsi ora vorrebbe dire probabilmente diffondere sciocchezze". Per non giocare a fare gli indovini, l'unica proiezione possibile - di fatto - è su quando sarà possibile fare proiezioni. Se ne parla in sostanza dalla metà di gennaio in poi, quando la stagione dell'influenza sarà (o non sarà) entrata nel vivo, permettendo di avere qualche indicazione in più sui mesi a venire.
In ogni caso, il sistema di monitoraggio e raccolta dati per l'influenza stagionale è molto diverso (e per sua natura meno accurato) rispetto a quello del Covid-19. Anche se per questa stagione fredda la sorveglianza è stato rafforzata, tutto si basa sulle segnalazioni volontarie dei cittadini e dei medici, che continueranno a essere raccolte fino al 25 aprile 2021. Ci si orienta quindi sulla base di stime e proiezioni, che a loro volta quest'anno potrebbero essere un poco alterate (al rialzo) dalla grande attenzione delle persone verso qualunque tipo di sintomatologia simil-influenzale, proprio per il timore di aver contratto il Covid-19.