Quali sono i segnali d'allarme del deficit dell'attenzione e iperattività? Ecco quando intervenire
La sindrome da deficit di attenzione e iperattività troppo spesso viene sottovalutata, eppure ci sono dei chiari segnali d'allarme che, se notati subito, possono evitare che il disturbo degeneri. Ecco come riconoscerli e come intervenire.
Che cos'è il deficit dell'attenzione e iperattività?
Per i bambini è normale essere attivi, energici, preferire il gioco allo studio e distrarsi con facilità mentre si è a scuola o mentre si fanno i compiti. Quando tutto ciò succede non sta avvenendo nulla di eccezionale, ma ci sono casi in cui queste manifestazioni sono più presenti in alcuni bambini che in altri e possono diventare dei campanelli d'allarme che non dobbiamo ignorare.
La sindrome da deficit d'attenzione e iperattività è una problematica diffusa nei bambini e se non si interviene può avere serie conseguenze anche nell'età adulta. Purtroppo le istituzioni, a partire dalla scuola, ancora non sono pienamente consapevoli di come trattare e gestire questo disturbo. Dall'altra parte sono a volte proprio le famiglie che tendono a minimizzare reputando normali e fisiologici i comportamenti di un figlio particolarmente vivace e distratto.
Il disturbo, noto anche con l'acronimo inglese di ADHD, è difficile da diagnosticare. Questo perché il 72% dei bambini con questa problematica presenta anche altri problemi psicologici o del comportamento che ne rendono complesso il riconoscimento, portando così a una diagnosi tardiva. Spesso insieme all'ADHD si presentano anche disturbi come quello dello spettro autistico, quello oppositivo provocatorio, dell'umore, della personalità o dislessia. Spesso la sindrome da deficit d'attenzione e iperattività, che può essere presente anche da sola, viene trascurata e sottovalutata sia in età infantile che in quella adulta, fase in cui tali disturbi vengono spesso totalmente ignorati anche dagli esperti.
Quali sono le conseguenze del deficit d'attenzione e iperattività
Una persona con ADHD non curato (spesso poiché non diagnosticato o perché ritenuto secondario rispetto alle altre patologie) presenta difficoltà ad organizzarsi, ansia, depressione e disturbi del sonno. Per reazione il soggetto avrà diverse conseguenze, come rabbia e aggressività. A oggi 6 milioni di bambini e ragazzi nel mondo hanno ricevuto una diagnosi di questo tipo, ma i dati sono bugiardi in quanto sono moltissimi i soggetti che non hanno avuto le adeguate attenzioni in merito, restando con un disturbo non diagnosticato. Oltre i 2 terzi dei bambini con questa sindrome hanno poi registrato problematiche e sintomi anche nell'età adulta, con notevoli disagi nel campo lavorativo e familiare.
L'ADHD è un disturbo che tende a restare per tutta la vita e spesso non lo notiamo con gli adulti poiché questi, nel tempo, hanno sviluppato automaticamente dei meccanismi che ne mascherino i sintomi all'esterno, ma che ovviamente non eliminano il problema. Può succedere ad esempio che persone brillanti che eccellono nel proprio lavoro o nelle proprie passioni abbiano comunque questo disturbo; questo perché probabilmente hanno modellato la propria vita privilegiando la loro comfort zone senza mettere in luce le difficoltà presenti per altre attività, come la cura della casa, l'organizzazione personale, il rispetto delle scadenze o il mantenimento di affetti sociali stabili.
Questi stessi adulti, per quanto non mostrino segnali evidenti, convivono spesso con un'irrequietezza mentale che si traduce con problemi di sonno e instabilità emotiva, sregolatezza alimentare, difficoltà sul lavoro con conseguente frequente cambio di impiego e problemi finanziari, dipendenze da alcool, altre sostanze o gioco d'azzardo, difficoltà ed instabilità relazionali e, infine, spesso si registra un aumento del rischio di suicidio, autolesionismo e criminalità.
Come si cura l'ADHD?
Un genitore a chi deve rivolgersi per intervenire in tempo? La figura di riferimento è il neuropsichiatra infantile, che esamina la storia clinica del paziente e svolge appositi esami per individuare la natura del disturbo. Dare un nome ai disagi con cui il paziente convive è solo il punto di partenza per un percorso che porti al superamento degli stessi e questo risulta particolarmente efficace proprio se si interviene nell'età infantile.
Per gli adulti il percorso deve essere multimodale e basato su più fronti, ma potrebbe essere comunque complesso a causa di una mancanza di risorse per la diagnostica, di protocolli terapeutici specifici per il trattamento e la scarsa formazione accademica sull'ADHD degli adulti. Inoltre in Italia non esistono linee guida ufficiali che regolano la gestione clinica del disturbo, a differenza di altri Paesi europei. Il problema non è dunque soltanto il deficit dell'attenzione, c'è anche e soprattutto un deficit culturale nell'affrontarlo che non possiamo più ignorare.