Se inquini paghi: 50 euro ogni tonnellata di CO2
La lotta per il rispetto dell'accordo di Parigi del 2015 diventa sempre più complicata per tutti i paesi del mondo. Per favorire la riduzione delle emissioni inquinanti e la neutralità climatica, sempre più governi stanno attuando politiche per incentivare lo sviluppo dell'industria sostenibile. In particolare, l'Unione europea ha deciso di aumentare i livelli di tassazione per le emissioni di anidride carbonica, con l'obiettivo di penalizzare quei governi nazionali che non rispettano gli accordi e continuano a sostenere - o almeno a non disincentivare - l'industria fossile.
Con la pandemia poco è cambiato
La riduzione delle emissioni di CO2 e degli altri gas inquinanti e climalteranti durante l'emergenza sanitaria globale è stata un sostanziale buco nell'acqua: la flessione è stata molto lieve e soprattutto temporanea, tanto che si stima ben presto un ritorno ai livelli del 2019, se non oltre. Il riscaldamento globale continua incessantemente, e pure la concentrazione di gas serra è in continuo aumento. Durante il 2020, come abbiamo raccontato in più occasioni, si è registrato un aumento della temperatura globale media annua, e soprattutto gli eventi atmosferici estremi sono aumentati in maniera significativa.
Insomma, le emissioni non stanno ancora invertendo la marcia. Mantenendo il trend attuale, si prevede che nel 2023 si raggiunga la soglia dei 100 milioni di barili di petrolio consumati al giorno. Il rispetto degli accordi presi durante la Conferenza di Parigi sul clima del 2015 sarà essenziale per la salvaguardia del nostro paese, anche se non è detto che tutti gli obiettivi saranno davvero raggiunti. Tra questi, la riduzione delle emissioni inquinanti entro il 2030 di almeno il 45%, in modo da contenere il rialzo delle temperature entro i 2°C, o possibilmente sotto gli 1,5°C. Affinché questo accada è necessario uno sforzo collettivo, con programmi chiari e precisi per favorire la transizione ecologica.
La corsa al rialzo dei diritti a inquinare
I sussidi a favore dell'industria fossile da parte dei governi sono ancora generosi, e in molti casi questi sono addirittura superiori a quelli dedicati delle industrie sostenibili che promuovono la transizione green. In termini numerici, in Italia nel 2020 sono stati destinati al settore energetico fossile ben 15,8 milioni di euro, contro i 15 milioni dell'anno precedente.
Prendendo in considerazione le 30 principali economie al mondo, emerge che solo il 12% dei fondi è investito per la realizzazione di progetti che favoriscono la sostenibilità. Numeri decisamente troppo bassi perché il cambio di passo richiesto si possa davvero concretizzare.
A tal proposito entrano in gioco le tassazioni sull'inquinamento, proprio perché - vista l’importanza degli obiettivi prefissati - è essenziale penalizzare chi inquina e tutelare chi invece si impegna per favorire la transizione energetica. Per questo già oggi, e sempre di più in futuro, inquinare costa non solo in termini di danni per l'ambiente e il pianeta, ma anche in termini strettamente economici. Si tratta dei cosiddetti carbon credit (o quote di emissione), ossia dei diritti a inquinare con gas serra (CO2, N2O, perfluorocarburi,...) organizzati in quote corrispondenti a una tonnellata equivalente di CO2.
L'idea risale al protocollo di Kyoto del 1997 e si è concretizzata nel 2005 con l'intento di creare un meccanismo internazionale di gestione delle quote. In questo mercato (chiamato Ets, Emissions Trading System), l'Europa è il continente con il maggior numero di scambi e contrattazioni. In particolare, il prezzo dei diritti per le emissioni di anidride carbonica ha raggiunto un nuovo record, superando per la prima volta i 50 euro per ogni tonnellata di CO2 prodotta. Facendo un paragone con il recente passato, si nota come il prezzo sia raddoppiato nel giro di pochi mesi e addirittura triplicato rispetto a quello di marzo 2020. Un chiaro segno che la sostenibilità paga sempre di più, e che invece inquinare costa via via prezzi più alti.
Importanza di questa politica in Europa
L'orientamento generale della Commissione europea riguardo alle emissioni di gas nocivi è di scoraggiare le attività inquinanti togliendo sussidi, esenzioni e agevolazioni fiscali. Infatti, l'intento è di incrementare il gettito europeo derivante dalla tassazione ambientale per potere destinare maggiori risorse alle finanze pubbliche e alla ripresa, ponendo attenzione a distribuirle equamente.
Mentre ancora si sta continuando ad affrontare la pandemia, occorre fare altrettanto per il cambiamento climatico, a partire dagli strumenti a disposizione dei ministeri economici e delle banche centrali. Per l'estate, e in particolare entro il mese di luglio, sono attese direttive in seguito ad alcuni summit e meeting di livello globale. A tutti è chiaro che la tendenza determinata dall'emergenza dovrà essere invertita, perché il 2021 sarà con tutta probabilità l'anno in cui si raggiungeranno nuovi record negativi di emissioni, proprio a causa dell'immediato stimolo all'utilizzo di tutte le risorse - fonti fossili incluse - per sostenere e accelerare la ripresa.
Tra le ipotesi in campo c'è anche quella di introdurre una pesante penalizzazione sull'anidride carbonica, magari nell'ambito di una nuova direttiva comunitaria sulla tassazione energetica, vista la necessità di stimolare una ripresa economica che sia più verde possibile.