Il 54% delle acque italiane supera i limiti di Pfas: i dati europei
L'Agenzia Europea dell’Ambiente (Aea), un organismo dell'Ue che si dedica a una rete di monitoraggio per controllare le condizioni ambientali europee ha reso noti i dati sulla qualità delle acque italiane. In Italia il 54% delle acque monitorate supera i limiti di sicurezza per i Pfas.
Allarme qualità acque italiane: più del 54% supera livelli Pfas
Sono dati preoccupanti quelli condivisi dall'AEA, l'Agenzia Europea dell’Ambiente in merito alla qualità delle acque italiane. Il 54% delle acque italiane risultano inquinate e presentano PFAS in quantità eccessiva.
Nel dettaglio: i limiti Pfas sono oltre i limiti del 51-60% nei fiumi, l’11-35% nei laghi e il 47-100% nelle acque transizionali europee. La presenza dei Pfas è davvero preoccupante nelle acque italiane, anche se ci sono paesi che fanno peggio di noi come la Francia e il Belgio che hanno raggiunto un livello di contaminazione del 100%.
Dati alla mano tra il 2018 e il 2022 il controllo sulla qualità delle acque italiane effettuato dall'Agenzia Europea dell’Ambiente ha rilevato che il 51-60% dei fiumi europei e il 47-100% delle acque costiere superano i limiti di sicurezza imposti per i Pfas.
Per quanto la qualità dell'acqua dei laghi italiani dove il livello è passato dall'11% del 2018 al 35% del 2022. Meglio di noi Paesi come la Spagna, Polonia ed Irlanda che presentano un livello di contaminazione intorno al 20%.
Cosa sono i Pfas e dove si trovano?
I Pfas, acronimo inglese di "perfluorinated alkylated substances", sono nati negli anni '40 come composti chimici detti “di sintesi”. Ad oggi esistono più di 4.000 sostanze appartenenti a questa famiglia, molto utilizzate nell’industria. Si tratta di inquinanti eterni in grado di resistere alla degradazione per la presenza di legami molto forti tra atomi di fluoro e carbonio.
Per questo motivo i Pfas sono considerati dannosi per gli esseri umani, visto che possono causare problemi al sistema immunitario, ma anche alterazioni endocrine e un aumento di diverse tipologie di malattie. Uno studio condotto dal progetto HBM4EU ha scoperto come i livelli di Pfas superano le soglie di sicurezza negli adolescenti europei.
La presenza di un alto numero di questi "inquinanti eterni" è dovuto al processo industriale, agli scarichi industriali e all'utilizzo di fitofarmaci. I Pfas, essendo sostanze idrorepellenti e oleorepellenti, sono presenti in tantissimi prodotti. A cominciare da prodotti ad uso alimentare come le pentole, ma anche in detergenti, emulsionanti, tessuti e tappeti. E ancora: in impianti/protesi mediche, placcatura di metalli, produzione di carte e imballaggi oleorepellenti e idrorepellenti, durante la produzione di cavi e cablaggi e tanto altro.
I rischi legati ai Pfas e cosa si può fare per ridurli?
Il rischio della presenza di Pfas riguarda in primis la salute dell'uomo. Spiega il professor Emilio Benfenati, responsabile del Dipartimento di Ambiente e Salute dell’Irccs Mario Negri di Milano: "Possono penetrare nelle acque sotterranee, se non ben gestiti durante i processi di lavorazione industriale, finendo per accumularsi anche nelle piante. Il rischio di ingresso nella catena alimentare, dunque, aumenta, assorbiti dal sangue con conseguenze che sono tuttora oggetto di numerosi studi scientifici per il loro impatto sulla salute".
Tra i rischi collegati a questi inquinanti eterni c'è "un aumento dei livelli di colesterolo nell’uomo". Altri studi hanno mostrato alterazioni a livello di fegato e tiroide, del sistema immunitario e riproduttivo, e alcuni tipi di neoplasie. L’esposizione maggiore avviene attraverso ciò che mangiamo e beviamo". Non solo, questi inquinanti sono dannosi anche per l'ambiente dove permangono a lungo danneggiando così l'ozono.
Allora cosa si può fare? Tra le soluzioni proposte c'è quella di Cristina Guarda, eurodeputata del Gruppo Verdi/ALE: l'obiettivo è quello di adottare una restrizione universale per i PFAS. Intanto nel resto d'Europa diversi paesi come Danimarca, Germania, Olanda, Norvegia e Svezia sono pronti ad eliminare l'uso di queste sostanze inserendo dei limiti ancora più severi circa la presenza nell’acqua potabile e negli ecosistemi.