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Figli a scuola, Covid e malanni di stagione: che fare?

Una mini-guida ragionata e schematica per orientarsi tra raffreddori, febbri, autocertificazioni, tamponi, medici di famiglia e pediatri
Salute2 Ottobre 2020 - ore 07:41 - Redatto da Redazione Meteo.it
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(foto: Ansa)

Tosse, starnuti, un po' di febbre o mal di denti: per chi ha i propri figli da mandare a scuola si tratta di ordinaria amministrazione, un po' per via dei malanni che spesso arrivano in concomitanza con il cambio di stagione e un po' per quegli inghippi di salute che inevitabilmente capitano lungo il percorso dell'anno scolastico. In piena pandemia, però, le doverose regole stringenti di sicurezza sanitaria creano qualche grattacapo in più, non solo sul piano della salute individuale ma anche su quello formale e burocratico. In poche parole, occorre attenersi alle disposizioni ministeriali e delle autorità sanitarie, che a volte possono lasciare spazio a qualche ambiguità o a qualche incertezza interpretativa.

Ecco allora alcuni princìpi guida che possono aiutare a orientarsi nel dedalo di norme, misure, suggerimenti e obblighi. Con una doverosa premessa: come lascia ben intendere anche questa vasta collezione di materiali raccolti da Orizzonte Scuola, oltre al decreto legge specifico possono esserci ulteriori linee guida e indirizzi operativi stabiliti a livello regionale. Con il risultato che, per i dettagli fini dei comportamenti da tenere e per questioni molto specifiche o particolari, conviene sempre fare una verifica ulteriore con i referenti locali, per scongiurare di seguire misure in vigore in una regione diversa dalla propria. Le regole generali, però, sono uguali per tutti.

La febbre e il raffreddore

Nel caso di febbre le indicazioni del Comitato tecnico scientifico, recepite a livello nazionale, sono chiare: con la temperatura superiore ai 37,5°C non ci si deve recare a scuola, indipendentemente dalla sintomatologia e dal fatto che sia compatibile o meno con la Covid-19.

Meno chiara la situazione quando si è davanti a un solo raffreddore. Alcune linee guida, come quella del servizio sanitario dell'Emilia - Romagna, riportano che "soprattutto nei bambini fino ai sei anni di vita, la sola rinorrea (raffreddore) è condizione frequente e non può essere sempre motivo in sé di non frequenza o allontanamento dalla scuola in assenza di febbre o criteri di rischio epidemiologico (come l’esposizione a un caso positivo per SARS-CoV-2)". Resta responsabilità del medico curante dare le giuste indicazioni.

I sintomi compatibili con la Covid-19

Insieme alla febbre, i sintomi più comuni collegati all'infezione da nuovo coronavirus sono tosse, cefalea, nausea, vomito, diarrea, mal di gola, fatica a respirare, dolori muscolari e perdita di olfatto o gusto. Nel caso questi sintomi si presentino (anche solo in parte, naturalmente) lo studente deve restare a casa da scuola, e inoltre la famiglia è tenuta a fare due cose: allertare tempestivamente il medico curante, ossia il pediatra o il medico di medicina generale, e avvisare la scuola dell'assenza per motivi di salute. La famiglia, dunque, non può in autonomia escludere che si tratti di un caso sospetto di Covid-19, ma deve rivolgersi al proprio medico di riferimento.

A decidere se eseguire o meno un tampone ororinofaringeo, sulla base della valutazione del quadro clinico, è infatti lo stesso medico curante, che stabilisce se si tratti di un caso sospetto o meno. In certi casi la decisione è ovvia (pensiamo a una febbre senza altri sintomi e sorta poche ore dopo un'estrazione dentale), mentre in altri può trattarsi di una valutazione molto più sottile. Lo schema qui sotto, in particolare nella parte destra, riassume le situazioni che possono presentarsi.

Un grafico per le famiglie (grafico: Regione Emilia Romagna)

I tre scenari possibili

Nel caso in cui il medico decida di non eseguire il tampone, si segue la solita prassi, ossia in base all’evoluzione del quadro clinico viene deciso il momento del rientro a scuola, senza che sia richiesta alcuna certificazione medica per la riammissione, né tantomeno un'autocertificazione della famiglia. Se, a giudizio del medico, il quadro dei sintomi non corrisponde con un sospetto di Covid-19, non è dunque necessario presentare alcun documento.

Se il tampone viene eseguito, e se risulta positivo, scattano le attività di contact tracing. Tutti i vicini stretti sono quindi posti in quarantena per 14 giorni dalla data dell’ultimo contatto. La studentessa o lo studente malato, invece, deve restare a casa fino alla scomparsa dei sintomi e all'avvenuta guarigione, certificata dall'esito negativo di due tamponi eseguiti ad almeno un giorno di distanza, oltre che dal conseguente attestato che certifica la guarigione stessa. Finché l'esito del tampone continua a essere positivo, si prosegue invece con l'isolamento domiciliare e dunque con il non recarsi a scuola.

L'ultimo scenario possibile è che il tampone venga eseguito, ma risulti negativo. In questo caso il medico produce un certificato di rientro che riporta l'esito del test. Il momento del ritorno a scuola viene stabilito come al solito sulla base dell'evoluzione del quadro dei sintomi, ed è necessariamente successivo alla completa guarigione clinica. A discrezione del medico, nel caso il sospetto di Covid-19 sia comunque a suo parere fondato, può essere eseguito anche un secondo tampone a 2-3 giorni di distanza dall'altro, in modo da convalidare l'esito del primo test.

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