Covid-19, quanto dura il vaccino?
La campagna vaccinale pare procedere finalmente a ritmo spedito, e più di un terzo della popolazione italiana ha già ricevuto almeno la prima dose. Potrebbe suonare prematuro, ma presto dovremo prepararci per l'arrivo di un secondo ciclo di somministrazioni, visto che la protezione immunitaria indotta dal primo round è destinata a ridursi nel tempo. Non sappiamo ancora con certezza quanto comincerà questo nuovo insieme di somministrazioni ma, a oggi, si ritiene non sarà prima dell'inizio dell'autunno. I primi della lista, ancora una volta, saranno i medici e tutto il personale sanitario, perché sono ovviamente le persone con la vaccinazione più datata.
Quanto dura l’immunità?
Ancora non esiste una risposta definitiva a questa domanda, perché si raccolgono nuove evidenze sulla durata dell'immunità mano a mano che il tempo passa e viene constatato il perdurare degli anticorpi nel sangue delle persone vaccinate o che hanno superato l'infezione da Sars-Cov-2. Ciò che già viene dato per assodato è che la protezione indotta dal vaccino rimane per almeno 6 o 7 mesi dal momento della somministrazione della prima dose, ma si spera possa durare più lungo, arrivando a circa 12 mesi. Le differenze tra i vaccini, su questo aspetto, sono sostanzialmente trascurabili, anche se ovviamente per quelli approvati più di recente i dati disponibili sono di meno.
In realtà però la situazione è più complessa. Per valutare l'immunità di una persona nei confronti di un virus, infatti, gli aspetti da tenere in considerazione sono molteplici: anzitutto la quantità di anticorpi presenti nel sangue (perché non è solo la presenza o l'assenza a fare la differenza, ma anche la concentrazione), poi l'effettiva memoria immunitaria e, infine, la presenza di varianti che mettono alla prova l’efficacia del vaccino stesso.
Ancora più incerto è il tempo di durata dell'immunità di chi ha contratto il Covid-19 e ha quindi superato la malattia. Si sa che la protezione non è totale e che è possibile essere reinfettati, ma anche che entro poche settimane dall'inizio della malattia si sviluppano gli anticorpi che garantiscono una certa immunità. Dopo un picco anticorpale che si raggiunge circa 3 settimane dopo l'infezione, gli anticorpi tendono pian piano a diminuire. Indicativamente, si può dire che la protezione permane per almeno 6 mesi. Chi ha già contratto l’infezione, comunque, a oggi riceve poi una sola dose di vaccino, ritenuta sufficiente anche per quelle formulazioni che di base ne prevederebbero due.
L'importanza delle cellule della memoria
Spesso si parla, sui media e non solo, di anticorpi e di risposta anticorpale, ma non bisogna dimenticare che anche la memoria cellulare riveste un ruolo fondamentale nella risposta contro il Sars-Cov-2. Da parecchi studi scientifici è emerso infatti che, con il tempo, la quantità di anticorpi presenti nel sangue tende a diminuire, ma questo non determina automaticamente una riduzione del livello di protezione.
Ciò accade in virtù della memoria immunologica delle cellule B e dei linfociti T, che entrano in gioco quando calano gli anticorpi, in modo che il corpo non resti indifeso. Queste cellule della memoria sono in grado, una volta riconosciuto il virus, di riattivare la produzione degli anticorpi. Un meccanismo fisiologico senz'altro positivo, che fa ben sperare sulla permanenza della protezione sul lungo periodo, anche perché le cellule B tendono ad aumentare col tempo e permangano per anni.
Cosa sappiamo sul nuovo ciclo vaccinale
Conoscere il tempo di permanenza della protezione indotta dal vaccino è essenziale per programmare il piano vaccinale per la nuova somministrazione. Quello che pare ormai assodato è che prima o poi sarà necessario un ulteriore ciclo vaccinale, e sarà importante continuare a ripeterlo periodicamente fino a quando il virus non sarà completamente sotto controllo.
Inizialmente si era ipotizzato di attendere solo 6 mesi per la somministrazione di un'altra dose, ma visto che la copertura sembra durare più lungo pare si possa attendere qualche mese in più. Al momento si parla di almeno 10 mesi, ma con la possibilità già ventilata di allargare la forbice a un anno. Quindi è plausibile che a partire dalla prossima stagione autunnale e invernale, seguendo l'ordine di somministrazione utilizzato per il primo ciclo, tutti dovremo sottoporci a una terza dose di vaccino, o a una seconda nel caso di Johnson & Johnson. L'inizio della nuova campagna, almeno per adesso, potrebbe collocarsi tra ottobre e dicembre di quest'anno.
Come è stato più volte specificato, il punto di riferimento per stabilire il periodo in cui sottoporsi al secondo richiamo sarà la prima dose del vaccino e non la seconda. Questo è importante soprattutto a seguito dell’allungamento dei tempi che intercorrono tra le due dosi, in particolare per AstraZeneca visto che tra prima e seconda dose trascorrono 3 mesi. Non è ancora chiaro, invece, se il nuovo ciclo sarà compiuto con lo stesso vaccino delle prime iniezioni o meno: dato che alcune marche saranno abbandonate e altre arriveranno nei prossimi mesi, mantenere per tutti la stessa formulazione anche per il nuovo ciclo pare improbabile.
Non è ancora escluso, comunque, che nel determinare il nuovo calendario di iniezioni farà la differenza anche il vaccino specifico che si è ricevuto, visto che ciascuno ha una curva temporale leggermente diversa. Nel frattempo, comunque, gli sforzi sono indirizzati a portare a termine la prima campagna vaccinale, per la quale resta ancora molto da fare.