Dal 2030 la Danimarca avrà le sue isole energetiche
Il governo della Danimarca a febbraio ha dato il via libera ufficiale per la costruzione di un'isola artificiale nel mare del Nord, ad alcune decine di chilometri dalle coste della penisola dello Jutland, per la produzione di energia elettrica green. Grazie a enormi turbine eoliche, infatti, verrà prodotta una grande quantità di energia, destinata sia ai bisogni danesi sia ad altri paesi europei, comunitari e non.
Si tratta di un progetto infrastrutturale particolarmente ambizioso e innovativo, il cui scopo è produrre una grande quantità di energia rinnovabile e favorire il raggiungimento del traguardo delle zero emissioni nette di anidride carbonica, previsto dall'Unione europea per il 2050. Un obiettivo reso quanto mai sfidante dalla pandemia, ma che pare a portata anche grazie a una serie di innovazioni tecnologiche.
Una gigantesca isola artificiale, e non solo
I lavori per la costruzione dell'isola energetica saranno molto lunghi e complessi, per questo si prevede che i tempi non saranno brevissimi. Tutti gli studi preventivi e i progetti definitivi saranno pronti entro il 2024, e la struttura dovrebbe divenire perfettamente funzionante entro il 2030. Avrà una dimensione di 120mila metri quadrati e il costo previsto si aggira sui 210 miliardi di corone danesi, che corrispondono a 28 miliardi di euro. La posizione esatta non è ancora stata stabilita, ma sarà ad almeno 60 chilometri dalla linea di costa, più probabilmente a 80.
Il vero protagonista del progetto sono le turbine galleggianti: 200 generatori di energia eolica che arrivano con le pale fino a 260 metri di altezza, disposti intorno all'immensa isola artificiale grande oltre 5 volte la piazza San Pietro di Roma. Il governo danese spera che entro il 2033 l'impianto sia non solo in funzione, ma anche in grado di raggiungere una capacità di 3 gigawatt, una potenza che rappresenta il fabbisogno energetico di circa 3 milioni di famiglie (basandosi sui dati medi di consumo per l'Europa). L’obiettivo dell'Agenzia danese per l’energia è di potenziare l’isola attraverso interventi successivi di ampliamento e perfezionamento, fino a raggiungere una potenza installata di 10 gigawatt, l'equivalente di 25 centrali eoliche offshore di medie dimensioni.
Il piano non si limita però alla sola isola nel mare del Nord: il governo prevede la costruzione di un secondo polo energetico situato sull'isola naturale di Bornholm, che si trova nel mar Baltico a 160 chilometri dalla capitale Copenaghen e a 40 dalle coste della Svezia. Questa seconda isola dell'energia dovrebbe contribuire con circa 2 ulteriori gigawatt di capacità installata.
Un paese già parecchio sostenibile
La Danimarca, pur essendo uno stato medio-piccolo con una popolazione inferiore ai 6 milioni di abitanti, presenta un'economia competitiva a livello globale e all’avanguardia soprattutto per ciò che riguarda l'energia pulita e le risorse rinnovabili.
Ma l’impegno del paese nei confronti della tutela dell'ambiente non è solo storia recente: già negli anni Novanta si era prodigato per ridurre le proprie emissioni inquinanti. Nel 2019 questo obiettivo è stato definito con maggiore chiarezza, diventando pure vincolante dal punto di vista legale, con l'obbligo di ridurre entro il 2030 l'inquinamento atmosferico e le emissioni di gas climalteranti del 70%, utilizzando come riferimento i valori relativi all'anno 1990. Inoltre, a completare il quadro, la Danimarca ha da anni un ruolo pionieristico per tutto ciò di specifico che riguarda il comparto eolico, favorita dai forti venti che da sempre soffiano sulle sue coste.
Già nel 2015 era stato raggiunto un primo traguardo importante, con la produzione del 42,5% del fabbisogno energetico dell'intero paese attraverso l'utilizzo dalle turbine eoliche presenti nel mare intorno alla penisola dello Jutland. Oggi la Danimarca ha una capacità produttiva di energia eolica off-shore, ossia attraverso turbine poste in mare aperto, pari a 1,7 gigawatt. Con la costruzione delle isole dell'energia si dovrebbe riuscire ad avere una produzione ben 7 volte superiore, superando addirittura il fabbisogno dell'intera nazione e rafforzando la sua vocazione all'esportazione di energia pulita.
Secondo quanto noto finora, l'isola artificiale potrebbe produrre energia a beneficio di Paesi Bassi, Germania e Regno Unito, mentre per quella naturale ci sono accordi già stipulati con il Belgio, e di nuovo con Germania e Paesi Bassi.
La Danimarca come guida d'Europa?
Sempre nell’ottica del raggiungimento entro il 2050 delle emissioni zero, la Danimarca ha siglato un accordo che stabilisce che non verranno più rilasciate licenze per la ricerca di giacimenti di petrolio. Una misura molto drastica, decisa proprio perché la Danimarca è a oggi il primo produttore di idrocarburi all'interno dell'attuale Unione Europea (Norvegia e Regno Unito ne producono di più, ma non fanno parte dell'Unione). In questo modo verrà, giocoforza, ridotta progressivamente la produzione di combustibili fossili, aumentando di pari passo la quota da fonti rinnovabili.
La spinta per questo cambiamento radicale è partita proprio dalla classe politica che, cosciente della necessità di cambiare modo di produrre energia, punta ad anticipare i tempi e dare un forte segnale di svolta. Insomma, la Danimarca sembra ambire a essere fonte di ispirazione per tutti quei paesi che basano tutt'ora la loro economia sui giacimenti petroliferi. In questa ottica internazionale, l'isola artificiale per la produzione di energia pulita - unita anche all'impianto di Bornholm - è il punto focale di un progetto di transizione green più ampio e che coinvolge non solo la Danimarca, bensì l'intero Vecchio Continente.