Covid-19, il vaccino da positivi è un problema?
La campagna vaccinale anti Covid-19 in Italia prosegue spedita, e proprio in questi giorni il numero di persone a cui è stata somministrata anche la terza dose (booster) sta superando quota 50% della popolazione italiana. Ogni giorno nel nostro paese vengono iniettate centinaia di migliaia di dosi e, considerando l’obbligo vaccinale per gli over 50, questo trend si prevede rimarrà invariato anche nei prossimi mesi.
In parallelo, il virus Sars-Cov-2 sta continuando a circolare, con la variante omicron altamente contagiosa e in grado di diffondersi molto più rapidamente delle precedenti, tanto che da settimane sono in media ben oltre 100mila i nuovi casi positivi registrati. Considerando che siamo nel pieno della stagione invernale e che è possibile essere positivi al Sars-Cov-2 anche senza manifestare sintomi rilevanti, di fatto non è improbabile ricevere il vaccino in un momento di inconsapevole positività al virus.
Se ci siano dei rischi, e se si debba rimandare la vaccinazione in presenza di lievi sintomi influenzali, sono due delle domande più frequenti che le persone si pongono prima di presentarsi al punto vaccinale. Vediamo quali sono le indicazioni ufficiali e le evidenze scientifiche in merito a questa questione.
Cosa fare se si è positivi
Anzitutto, se si è positivi al nuovo coronavirus e consapevoli di esserlo, bisogna rimandare l’appuntamento per la vaccinazione, sia che si tratti del primo ciclo vaccinale sia della terza dose. Tutto ciò è abbastanza ovvio, considerando l'obbligo di isolamento fino a guarigione avvenuta. Il motivo è semplice: tutelare la salute del diretto interessato e degli altri, visto che è particolarmente facile trasmettere la malattia.
Oltre a rinunciare alla vaccinazione, per limitare la diffusione del contagio è importante avvisare il medico di riferimento o l'autorità sanitaria locale: recarsi nell’hub vaccinale sarebbe un'imprudenza per gli spostamenti e soprattutto per le altre persone presenti in quel momento nell'hub, anche per il personale medico e sanitario al lavoro. Come chiarito dal ministero della Salute, in caso di accertata positività non è necessario sottoporsi alla pratica vaccinale, ma si dovranno attendere alcuni mesi prima di procedere all'iniezione (in particolare, secondo le regole attuali, 4 mesi se si tratta della terza dose). In termini semplificati, dal punto di vista dell'iter vaccinale, si può dire che contrarre il Covid-19 equivale come protezione sostanzialmente alla somministrazione di una dose di vaccino.
Un discorso del tutto simile vale per chi è in attesa di tampone e quindi in isolamento preventivo per avere avuto un contatto stretto con una persona positiva al virus o per sintomi riconducibili al Covid-19. In questi casi, per una questione di prudenza, è bene aspettare qualche giorno ed evitare di mettere in pericolo gli altri.
Positività inconsapevole: nessun rischio personale
Può capitare che i sintomi del Covid-19 siano inesistenti o talmente lievi da non fare sospettare di essere positivi, quindi che ci si rechi regolarmente nel luogo dell’appuntamento per la somministrazione del vaccino con un'infezione asintomatica in corso. Ebbene, ricevere una dose in condizione di positività inconsapevole non determina alcun rischio per la salute della persona, sia dal punto di vista dello sviluppo della malattia sia per i possibili effetti collaterali derivanti dalla vaccinazione. Inoltre, i meccanismi che determinano la costruzione degli anticorpi contro il Covid-19 non sono influenzati da questa duplice reazione del sistema immunitario, e probabilmente si ottiene solo una maggiore protezione nei confronti dell'agente virale.
L'unico punto, coerente con il motivo di non vaccinare subito chi si è appena negativizzato al virus, riguarda le possibili manifestazioni un po' accentuate nelle ore successive alla somministrazione della dose. Questi possibili piccoli disturbi sono comunque transitori, segno di un forte stato di attivazione del sistema immunitario.
Test sierologici e tamponi prima del vaccino: il parere degli esperti
Tante persone si chiedono se sia giusto sottoporsi un tampone oppure a un test sierologico prima della somministrazione del vaccino, proprio per individuare in anticipo un’eventuale positività al Sars-Cov-2. Sui tamponi, le informazioni diffuse dalle autorità sanitarie nazionali sono poche, ma rimane valida l’indicazione generale di sottoporsi al controllo solo in caso di sintomi sospetti e di contatto stretto (con modalità che dipendono dal proprio stato vaccinale), indipendentemente dall'imminente vaccinazione. Molto più netto è stato invece il messaggio del ministero della Salute in merito ai test sierologici: non è raccomandato il loro utilizzo per decidere se procedere o meno con la somministrazione del vaccino.
Il motivo principale di questa indicazione è che attraverso il test sierologico non è possibile stabilire quanto tempo sia trascorso dal contagio e dalla positività, e di conseguenza l’informazione che si ottiene è di scarsa rilevanza, e inutile ai fini della scelta se rinviare il vaccino o meno. Inoltre, è importante considerare che la presenza di un numero di anticorpi più o meno alto dipende da una serie di elementi, tra cui le caratteristiche individuali e genetiche della persona. Inoltre, appurato che non ci sono controindicazioni valide per chi viene vaccinato da inconsapevolmente positivo, è comunque meglio alzare il proprio livello di protezione.