Covid-19 è stagionale? Il freddo rende il coronavirus più aggressivo?
Il Covid-19 è stagionale? Il freddo rende il coronavirus più aggressivo? Partendo da questi interrogativi un gruppo di ricercatori dell’Università dell’Illinois, negli Stati Uniti, ha cercato di vagliare l'ipotesi riguardante il presunto comportamento stagionale della pandemia con studi e ricerche mirate. I dati raccolti sono stati pubblicati su importanti riviste scientifiche e mediche.
All'interno della ricerca, sotto la lente di ingrandimento sono finiti diversi fattori. Tra questi ad essere analizzata con maggiore attenzione è stata soprattutto una possibile causa della stagionalità del Covid individuata nella proteina Spike, ovvero nella “chiave di ingresso” che permette al coronavirus di infettare le nostre cellule.
Il Covid-19 è stagionale? La ricerca dell'Università dell'Illinois
Il Covid-19 è stagionale? Da questa ipotesi gli scienziati e gli studiosi dell'Università dell'Illinois, in America, hanno compiuto una specifica ricerca pubblicando i dati raggiunti sulla prestigiosa rivista Methods in Microbiology. Secondo l'importante studio svolto è emerso come la proteina di Sars-cov-2 presenterebbe alcune caratteristiche strutturali che la renderebbero più capace di penetrare nelle cellule a temperature basse.
La scoperta, davvero molto interessante ed importante, potrebbe aiutare a prevedere mutazioni future oltre che lo sviluppo di nuove terapie o di vaccini mirati. Comprendere come il virus del Covid potrebbe comportarsi a determinate latitudini, stagioni o climi, risulta essere di fondamentale importanza per una gestione ottimale della pandemia.
Cosa significa che il Covid-19 potrebbe essere stagionale? Per comprenderlo basta pensare all'influenza e al raffreddore o ad altri virus che hanno un andamento stagionale ovvero che si verificano una o più volte l'anno in un determinato periodo. Oltre ad essere in grado di precedere la loro comparsa e la loro incidenza, possiamo curarli e combatterli con vaccini e farmaci ad hoc. Perché? Sostanzialmente perché gli scienziati sono riusciti a capire cosa vi sia alla base dell'andamento di questi virus che tornano ciclicamente a far capolini e ad analizzare i numerosi fattori. Tra di essi sono compresi sia quelli ambientali - tra cui le stagioni atmosferiche e il clima - sia quelli intrinsechi del virus.
La proteina Spike e la stagionalità del Covid-19: la scoperta degli scienziati
Analizzando la struttura della proteina Spike per cercare di provare l'ipotesi formulata sulla stagionalità del Covid-19, gli scienziati hanno capito che una porzione della proteina Spike di Sars-cov-2 presenterebbe una particolare struttura proteica simile a quella di proteine note come le lectine.
In merito a questa scoperta gli scienziati sono andati a cercare di comprendere se le ricerche compiute sui coralli - ricerche che hanno permesso di comprendere come un particolare tipo di lectine funzionassero poco con i cambiamenti di temperatura dell'ambiente circostante - potessero risultare valide e se le conclusioni raggiunte potessero essere traslate.
Dall'analisi di decine di migliaia di genomi di Sars-cov-2, i ricercatori sono in primis riusciti ad individuare sulla proteina Spike una struttura simile alla galectina, la proteina individuata sui coralli, per ipotizzare come questa porzione della proteina potesse essere in grado di percepire le temperature esterne.
Insomma dall'analisi delle proteine e della loro conformazione è emersa la concreta possibilità che quanto il termometro scende Spike riesca a facilitare l’ingresso del virus nelle cellule umane. Grazie ai vari dati raccolti gli scienziati sono giunti a formulare l'ipotesi di un modello stagionale di Covid-19. Le mutazioni che hanno portato le maggiori ondate di infezioni si sono verificate oltretutto proprio durante l’inverno o in luoghi con clima fresco tutto l’anno.