Che cos'è la supergonorrea
L'argomento è ancora di nicchia, almeno in Italia, ma è destinato a diventare centrale nei prossimi anni. E ha come protagonista il batterio Neisseria gonorrhoeae, detto anche gonococco di Neisser, che causa una delle infezioni a trasmissione sessuale più comuni: la gonorrea. Per risalire all'inizio della storia, almeno a livello mediatico, bisogna tornare indietro al 2016: è di allora la notizia della prima persona - un uomo britannico - a cui è stata diagnosticata un'infezione batterica da gonococco resistente a tutti gli antibiotici che fino a quel momento erano stati utilizzati per trattare i pazienti. Un caso di gonorrea combinato al fenomeno dell'antibiotico-resistenza, insomma, che sia a livello scientifico sia mediatico è stato indicato con il termine supergonorrea, o supergonococco.
"Essere di fronte a un batterio non più sensibile agli antibiotici generalmente utilizzati significa perdere opzioni terapeutiche di trattamento, e di conseguenza rischiare di non poter evitare la diffusione dell'infezione da un soggetto all’altro, né le conseguenze dell’infezione stessa", ha spiegato a Meteo.it Alessandra Latini, responsabile dell'unità di Malattie sessualmente trasmesse e tropicali all'Istituto dermatologico San Gallicano Irccs di Roma.
Un problema per nulla banale o secondario, se si pensa che l'Organizzazione mondiale della sanità stima già a oggi circa 106 milioni di casi di gonorrea ogni anno, e che in Italia è la seconda malattia a trasmissione sessuale più diffusa, dopo la clamidia. La crescita anno su anno, in media, è superiore al 15%. E nel solo Regno Unito, dove pure il governo è intervenuto pubblicamente sul tema e c'è molta attenzione già dal 2018, le proiezioni sono di oltre 400mila nuovi casi all'anno nel 2030.
La gonorrea molto in breve
Detta anche blenorragia o - a livello popolare - scolo, la gonorrea è una malattia venerea che porta all'infezione delle vie uretrali nell’uomo e dei quelle uro-genitali nella donna. Si trasmette per via sessuale (con rapporti non protetti) per inoculazione diretta della secrezione infetta da una mucosa all'altra: contatto tra genitali, oro-genitale, oro-anale oppure genitale-anale. Il rischio aumenta al crescere del numero di partner, ma chiunque sia sessualmente attivo è potenzialmente esposto all'infezione. Infine, è possibile una trasmissione dalla madre al bambino al momento della nascita.
La gonorrea può essere asintomatica, ma può anche dare una lunga serie di complicazioni, soprattutto infiammatorie e anche permanenti. Il motivo per cui c'è apprensione per l'antibiotico-resistenza, nel caso della gonorrea, è che per questa malattia non esiste (almeno per ora) un vaccino efficace: la variabilità del patogeno è infatti troppo elevata perché si possa mettere a punto una soluzione vaccinale. Sono però in corso dei trial clinici utilizzando il vaccino contro il meningococco B, che sembrerebbe avere qualche efficacia anche sul cugino gonococco. Ma servono ancora studi per confermarlo.
Quando la gonorrea normale diventa super
Se si è in presenza di una comune infezione da Neisseria gonorrhoeae, il decorso è piuttosto semplice, soprattutto se la diagnosi è precoce. "In questi casi di solito è sufficiente utilizzare dei cicli molto brevi di comuni antibiotici", racconta Latini. "Tuttavia, quando non trattata tempestivamente o mal curata, si può sviluppare una resistenza a diverse classi di antibiotici come le penicilline, le tetracicline, i macrolidi e i fluorochinolonici, persino più rapidamente rispetto ad altre specie batteriche". L'uso di antibiotici diversi è comunque già di per sé una sconfitta: spesso non si ottengono comunque risposte ottimali, e quelli alternativi sono di solito antibiotici a uso esclusivo ospedaliero, impiegati per patologie molto gravi.
E il risultato, ciò che più preoccupa, è che in prospettiva potrebbe non esistere più alcuna classe di antibiotici in grado di dare garanzia di efficacia e affidabilità per il trattamento della gonorrea. "Le infezioni non trattate possono portare a conseguenze gravi tra cui la malattia infiammatoria pelvica, aborti precoci e infertilità", aggiunge Latini. "E poi, come se non bastasse, l'infezione da gonococco può anche svolgere un ruolo nel facilitare la trasmissione di altre malattie tra cui la sifilide, e anche del virus dell'Hiv". Solo per l'Hiv, per esempio, si stima che la probabilità di trasmissione possa essere aumentata di cinque volte. Ciò significa, in termini più generali, che poter trattare adeguatamente la gonorrea significa anche fare prevenzione per altre infezioni.
L'abuso degli antibiotici
Anche se dalle cronache giornalistiche parrebbe il paziente zero, il già citato uomo britannico non è affatto la prima persona affetta da supergonorrea. "Le prime segnalazioni di fallimenti delle terapie antibiotiche risalgono al 2000 in Giappone", ha chiarito Latini. "In particolare, già allora è stato isolato un ceppo batterico resistente al ceftriaxone, che è l'opzione terapeutica per il trattamento di prima linea". E poi, come impresso nella letteratura scientifica, ulteriori casi di fallimento dei trattamenti antibiotici sono stati segnalati nel corso degli anni pure in altri paesi, anche europei.
Alla base della supergonorrea c'è come ben noto l'uso eccessivo, o il vero e proprio abuso, dei trattamenti antibiotici nel corso degli ultimi decenni. "Il curarsi male da parte delle persone, la moda del fai da te e l'appellarsi al Dottor Google, invece di rivolgersi agli specialisti, sono tutte dinamiche che puntano in questa direzione", sottolinea Latini. "E durante la pandemia di Covid-19 c’è stato un importante utilizzo di azitromicina, un comune antibiotico per il trattamento delle infezioni respiratorie". Il che, ovviamente, potrebbe avere acuito il problema (ma è ancora troppo presto per dare quantificazioni), perché l'azitromicina stessa è prescritta insieme al ceftriaxone come terapia di prima scelta per la gonorrea.
La pandemia stessa, nella misura in cui ha portato ai lockdown e quindi al cambiamento di alcune delle abitudini delle persone, sta creando ulteriori grattacapi. Un portavoce dell'Organizzazione mondiale della sanità, per esempio, ha dichiarato alla stampa inglese che molti servizi assistenziali legati alle malattie sessualmente trasmesse sono stati sospesi con l'inizio dell'emergenza sanitaria, portando certamente a una diminuzione a livello mondiale delle diagnosi, e molto probabilmente a un aumento delle pratiche di trattamento fai da te.
Il tema è stato affrontato anche dal gruppo di ricerca della stessa Latini, che poche settimane fa ha pubblicato sulla rivista Hiv Medicine uno studio in cui si descrive come con la pandemia siano cambiate le abitudini sessuali delle persone e le modalità di accesso ai servizi sanitari. "Anche a causa dell'interruzione delle attività di molti reparti di malattie infettive, i casi di infezioni a trasmissione sessuale non sono stati diagnosticati correttamente, e spesso auto-medicati", ha aggiunto. "Una situazione del genere può alimentare l'emergere di resistenze agli antibiotici, incluso il superbatterio della supergonorrea". Dai dati appare anche chiaro come, anche per l'Italia, la riduzione dei casi diagnosticati di infezioni sessualmente trasmesse sia netta rispetto al pre-pandemia.
La prevenzione
I fronti su cui intervenire sono parecchi. Per esempio, dato che si tratta di un alert di salute pubblica internazionale, sono già stati istituiti i primi ampi programmi di sorveglianza per monitorare la diffusione di ceppi resistenti di Neisseria gonorrhoeae. Qualcosa che ricorda, almeno in linea di principio, lo sforzo che si sta facendo per monitorare le varianti di Sars-Cov-2. Il secondo punto è ripristinare al più presto le attività di routine, prima ancora che la pandemia sia risolta. "Al San Gallicano è attivo un centro per la prevenzione e la cura delle infezioni sessualmente trasmesse che è sempre rimasto aperto per tutto il periodo della prima ondata pandemica", ha spiegato Latini, come raccontato più in dettaglio in una pubblicazione sul British Medical Journal.
In Italia esiste anche uno specifico programma nazionale, patrocinato dall'Istituto superiore di sanità, per la sorveglianza del gonococco, all'interno del qual tutti i ceppi di gonorrea vengono raccolti e valutati per sensibilità agli antibiotici. "Finora i dati preliminari diffusi dall'Istituto superiore di sanità non hanno segnalato alcun caso di supergonorrea in Italia durante i mesi della prima ondata pandemica, ma la sorveglianza attiva sta continuando perché l'individuazione precoce è decisiva", ha concluso Latini. Oltre a precocità e monitoraggio, poi, sarà fondamentale per gli anni a venire prestare la massima attenzione - ed essere parsimoniosi - nell'utilizzo degli antibiotici, non solo per poterci continuare a difendere da Neisseria gonorrhoeae, ma pure da molti altri batteri patogeni.