Quest'anno non abbiamo avuto l'influenza: perché?
Al racconto della stagione influenzale 2020-2021 è ormai ora di mettere la parola fine. Una storia che non è nemmeno cominciata, come mostrano chiaramente i dati dei diversi sistemi di sorveglianza dell'influenza, a partire da InfluNet: in questi mesi invernali la circolazione del virus influenzale è così bassa da essere paragonabile a quella del resto dell'anno, e di fatto non si può parlare nemmeno di epidemia influenzale o di un picco di contagi. Semplicemente, siamo in una situazione di calma piatta.
Se la soglia convenzionale che sancisce l'inizio formale dell'epidemia influenzale è fissata a tre casi settimanali ogni mille persone (3,16 per la precisione), nel 2021 non ci siamo nemmeno andati vicino. I dati epidemiologici delle prime quattro settimane dell'anno indicano quote di 1,28, 1,30, 1,38 e 1,42 casi ogni mille abitanti. Per fare un paragone, nella quarta settimana dell'anno i valori erano di 10,66 nella stagione invernale 2019-2020 e di 12,47 in quella 2018-2019. In pratica, dunque, durante questo inverno la circolazione del virus si è ridotta quasi del 90%.
Un'anomalia che arriva da lontano
Sul fatto che la sostanziale sparizione dell'influenza sia un effetto della pandemia del nuovo coronavirus Sars-Cov-2, non ci sono dubbi. Ma che cosa ha effettivamente influito di più? "Anzitutto, la proliferazione di Covid-19 nell'emisfero australe e in Oriente nel corso del 2020 ha portato a una drastica riduzione della circolazione dei virus respiratori, bloccandone sul nascere la migrazione", ha spiegato a Meteo.it Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale Simg. "La circolazione del virus influenzale inizia infatti nell'emisfero australe e poi migra verso nord, con un gradiente anche da est verso ovest. In pratica, c'è stato un blocco precoce della circolazione che ha abbattuto la carica virale nei paesi da cui la diffusione ha inizio, impedendo di fatto al virus influenzale di arrivare in occidente come accade di solito".
Ciò ha naturalmente ridotto - insieme al drastico calo degli spostamenti a livello globale - le occasioni di ingresso del virus influenzale nel nostro paese. "L’influenza in forma non epidemica la si trova tutto l’anno, con qualche caso sporadico", prosegue Cricelli. "I casi che vediamo in queste settimane non sono altro che quei casi di influenza saltuari che si osservano e si registrano in qualunque stagione. Peraltro con valori così bassi da non far parlare nemmeno di sub-epidemia".
Il ruolo dei vaccini
Insieme all'effetto di ridotta circolazione negli altri paesi, a far passare quasi sotto traccia l'influenza hanno contribuito almeno altri due fattori: la campagna vaccinale anti-influenzale e le misure anti-contagio attivate contro la pandemia di Covid-19. "Per questa stagione abbiamo effettuato poco più di 14 milioni di somministrazioni vaccinali contro l'influenza", commenta Cricelli. "Il che è un po' meno rispetto all'obiettivo che si era prefissato, pari a 18 milioni, ma molto più della media degli ultimi anni, che si aggira intorno agli 11 milioni". Ciò testimonia che effettivamente si è concretizzata un'opera di prevenzione straordinaria tramite profilassi vaccinale, attivata con lo scopo di scongiurare la sovrapposizione delle epidemie di influenza e di Covid-19. Una concomitanza che avrebbe posto ancora più sotto stress il sistema sanitario.
Tuttavia, mettendo insieme le evidenze raccolte in queste settimane, pare che il vaccino non abbia affatto avuto un ruolo decisivo, perché la differenza è stata fatta ancora più a monte. "Insieme al virus dell'influenza, è diminuita drasticamente anche la circolazione delle forme simil-influenzali. Se fosse solo l'effetto del vaccino, avremmo assistito a una scomparsa dell'influenza ma non degli altri virus, mentre i dati mostrano che siamo abbondantemente sotto soglia sia per l'influenza sia per i patogeni simili", spiega Cricelli. Solitamente, infatti, i casi di influenza e quelli relativi alle altre forme virali sono in numero molto simile, e se fosse diminuita solo la circolazione dell'influenza dovremmo vedere comunque 10-15 casi settimanali ogni mille abitanti di sindromi simil-influenzali. "Siamo intorno a quota 1,8, ossia molto lontano da quanto tipicamente accade in pieno inverno, tra fine gennaio e inizio febbraio", aggiunge.
Questo suggerisce che, prima ancora del vaccino, abbiano avuto un effetto importante le attenzioni e le precauzioni adottate per arginare l'emergenza sanitaria, dalle mascherine al distanziamento fino alle varie chiusure e restrizioni.
Potrebbe esserci un'influenza tardiva?
Anche se la previsione dell'evoluzione di un'epidemia è sempre un'operazione da prendere con le molle, a oggi tutto lascia pensare che ormai per questa stagione invernale l'influenza sia da archiviare. "Se prendiamo come riferimento l'anno passato, l'epidemia influenzale 2019-2020 si è conclusa tra la seconda e la terza settimana di marzo, ritornando sotto la soglia di allerta proprio mentre c'era l'impennata di casi di Covid-19. E il picco era stato proprio in questi giorni, tra la fine di gennaio e i primi di febbraio", ha raccontato Cricelli.
Nonostante tra un anno e l'altro possano esserci degli slittamenti temporali, in avanti o all'indietro, ormai il dato pare troppo consolidato perché possano esserci sorprese improvvise. Nella stagione fredda 2005-2006, in cui c'è stato un andamento simile a quello di quest'anno, i casi settimanali ogni mille abitanti sono sempre rimasti sotto quota tre. "L'ipotesi che parta una circolazione tardiva, con il picco spostato verso il mese di marzo, mi pare poco plausibile. Non solo per i dati che sono stati raccolti fino a oggi: se si proseguirà con mascherine, disinfezione e tutto il resto, ossia se si continuerà a essere prudenti, è improbabile che il virus inizi a circolare", spiega Cricelli. In una stagione invernale si registrano mediamente 8 milioni di casi di influenza e altrettanti di forme simil-influenzali, mentre quest'anno siamo proiettati verso numeri infimi rispetto al solito.
Indicazioni per il futuro
Se da un lato la bassa circolazione di influenza e altri virus è un'ottima notizia dal punto di vista sanitario, dall'altro queste evidenze così eclatanti aprono qualche interrogativo a proposito delle strategie da adottare per gli anni a venire. "La pandemia di Covid-19 ci ha insegnato due cose riguardo all'influenza", puntualizza Cricelli. "La prima è che le mascherine funzionano: le abbiamo indossate pensando al nuovo coronavirus, ma ci hanno protetto pure dagli altri virus. E se le mascherine sono la ragione per cui ora non ci sono le sindromi influenzali, allora dobbiamo ammettere che le mascherine durante l’inverno sono una misura di protezione individuale estremamente efficace. Probabilmente alcuni di noi inizieranno a usare questa strategia per non ammalarsi anche durante i prossimi inverni, ed è una precauzione che mi sembra assolutamente valida e consigliabile".
L'altro punto, che però è più una domanda aperta che una risposta, riguarda l'evoluzione del virus influenzale nel corso dei prossimi mesi. "Visto che i virus circolano meno, potrebbe essere variato il tasso di mutazioni. Un effetto così drastico di riduzione delle varianti potrebbe essere una cosa mai successa prima: ci si aspetta che possa esserci un'anomalia anche in questo senso, ma non possiamo ancora sapere esattamente in che forma", conclude Cricelli. Gli occhi sono in questo senso puntati sull'emisfero australe, dove di nuovo vedremo accadere con alcuni mesi di anticipo la situazione che potrebbe presentarsi nel nostro paese nell'inverno 2021-2022. Con un impatto, per esempio, sulle strategie di vaccinazione anti-influenzale, e non solo.