Allevamenti intensivi e antibiotico-resistenza: il collegamento svelato in uno studio
Cosa accade quando i batteri sviluppano la capacità di resistere agli antibiotici? Questo fenomeno, conosciuto con il nome di antibiotico-resistenza, è in costante crescita e rende più difficile trattare le infezioni. Un recente studio sostiene che nel determinare la resistenza dell'organismo umano influisce anche il consumo di polli che provengono da allevamenti intensivi.
Allevamenti intensivi, un pericolo non solo per il Pianeta
Solo pochi mesi era arrivato l'allarme di Greenpeace sui rischi che gli allevamenti intensivi stanno causando all'intero Pianeta. Questo sistema di insediamenti industriali ha un impatto che va ben oltre l’aspetto etico ed economico, racchiudendo in sé un costo che paghiamo ogni giorno in termini di impatto ambientale, inquinamento, massicce emissioni di ammoniaca, formazione di polveri sottili nell'aria e scomparsa di tante piccole aziende agricole, che vengono schiacciate sotto il peso della globalizzazione.
Oggi - grazie a un recente studio - abbiamo scoperto che esisterebbe anche una stretta correlazione tra il consumo di polli provenienti da allevamenti intensivi e resistenza dei batteri agli antibiotici, un ulteriore "sovrapprezzo" che va ad aggiungersi ai "costi" già tristemente noti.
Correlazione tra antibiotico-resistenza e allevamenti intensivi: lo studio
Diverse ricerche scientifiche avevano già tracciato un collegamento tra gli allevamenti intensivi di pollame e il crescente aumento di antibiotico-resistenza. L'uso eccessivo di antibiotici negli allevamenti intensivi, infatti, ha portato allo sviluppo di nuovi ceppi di batteri resistenti, che "passano" nel nostro organismo attraverso il consumo di carne contaminata.
Uno studio condotto dai ricercatori dell'Ineos Oxford Institute fo Antimicrobial Research, pubblicato recentemente sul Journal of Infection, non solo ha confermato questa correlazione, ma ha anche individuato nel pollo il principale "veicolo" dell'infezione da Campylobacter, un batterio farmaco-resistente.
Analizzando dati genomici da 8.856 campioni di infezioni umane e confrontandoli con 16.703 genomi provenienti da potenziali fonti animali (pollame, bovini, uccelli selvatici e suini), i ricercatori hanno potuto tracciare le origini delle infezioni. È emerso che è proprio il pollame, con il 68% di casi, sarebbe il principale responsabile, seguito dai bovini che contribuiscono nel 28% di infezioni. La carne suina e gli uccelli selvatici svolgono invece un ruolo marginale, rispettivamente con l'1% e il 3% di casi.
Diminuire l'uso di antibiotici nei polli
Il professor Samuel Sheppard, a capo della ricerca, ha dichiarato:
Abbiamo dimostrato che non solo il pollame è un serbatoio significativo di infezioni da Campylobacter, ma che la resistenza antimicrobica sta aumentando nel bestiame, soprattutto nel pollame. Per proteggere noi stessi e i nostri antibiotici, l’industria avicola deve agire con urgenza per ridurre la diffusione dell’infezione tra i polli
Tuttavia l'appello sembra rimanere inascoltato, e per il momento sono le forti pressioni esercitate dagli allevatori americani che cercano di mantenere l'uso di antibiotici senza restrizioni ad avere la meglio. Il fenomeno dell'antibiotico-resistenza in genere rischia di diventare una vera e propria emergenza sanitaria, e portare addirittura alla morte quasi 40 milioni di persone entro il 2050.