La pandemia ha cambiato il nostro modo di spostarci
L'arrivo del nuovo coronavirus e dell'emergenza pandemica ha notevolmente modificato il modo di spostarsi degli italiani, e non solo. Un cambio di abitudini collettive che riguarda sia le esigenze di mobilità in senso stretto sia gli aspetti di sicurezza (sostanziali, ma anche percepiti) legati alla diffusione del virus.
Anzitutto, l'impennata dello smartworking e le limitazioni agli esercizi commerciali hanno ridotto gli spostamenti di tantissimi lavoratori, che dunque non hanno più la necessità di spostarsi per svolgere le attività quotidiane. E pure le attività di svago più comuni - dalla palestra alle feste con gli amici - sono nettamente diminuite, riducendo ancora di più il bisogno di muoversi da casa. Il resto lo fa il timore del contagio, che porta a ridurre all'indispensabile l'affollamento dei mezzi pubblici, soprattutto in quei casi dove è davvero difficile riuscire a mantenere il distanziamento fisico necessario.
A tutto questo, che è un trend iniziato durante la primavera del 2020, si aggiungono poi alcuni cambiamenti che erano già in atto prima della crisi pandemica. Qualche esempio? Le nuove necessità delle persone in termini di viaggi e trasferte, la sempre più spiccata attenzione verso l'ambiente, la transizione ecologica e l'intolleranza generale per i problemi legati al traffico urbano. Di certo il cambiamento è sotto gli occhi di tutti e i nostri modelli di mobilità sono stati messi in discussione, ma la domanda che sorge spontanea è: che cosa succederà una volta terminata la pandemia? Ossia, i mezzi pubblici ritorneranno a essere centrali, oppure rimarranno solo un'opzione poco utilizzata?
La nuova scala di valori sui mezzi pubblici
Un recente tentativo di rispondere a queste domande, sulla base dell'elaborazione dei big data provenienti da centinaia di milioni di spostamenti in tutto il mondo, è il Global public transport report 2020, elaborato da Intel sulla base dei dati dei pendolari raccolti mediante l'applicazione Moovit. Tra le molte aree metropolitane in giro per il mondo analizzate da questa ricerca, 9 sono italiane: la città di Roma e in generale la regione Lazio, Napoli e la Campania, Milano e la Lombardia, Venezia, Firenze, Bologna e poi alcune città a coppie, come Torino e Asti, Palermo e Trapani, Genova e Savona. Analizzando le scelte di mobilità appare un generale allontanamento dai mezzi pubblici: il 42% degli utenti ne ha diminuito l'utilizzo e circa il 6% ha radicalmente cambiato le proprie abitudini passando a un mezzo privato. Solamente il 3%, invece, va in controtendenza e usa i mezzi pubblici più di prima.
Ma che cosa induce gli utenti ad abbandonare il trasporto pubblico, tra autobus, metropolitane e treni? In primo luogo, come è facile immaginare, c'è il tema dell'affollamento, oggi salito sul gradino più alto del podio delle preoccupazioni, declassando al secondo posto il tema dei tempi del viaggio. Insomma, viaggiare in sicurezza è diventato più importante che spostarsi in fretta. E da qui derivano le nuove priorità su cui concentrarsi per incentivare l'utilizzo dei mezzi pubblici: garantire il mantenimento della distanza fisica, sia a bordo sia in corrispondenza delle fermate, sanificare costantemente i mezzi e rispettare la massima puntualità. Quest'ultimo punto, in particolare, serve non solo per evitare perdite di tempo, ma soprattutto per scongiurare inutili assembramenti sulle banchine.
Allargando lo sguardo sul futuro della mobilità, però, molti esperti ritengono che quando la pandemia sarà finita ci sarà un progressivo ritorno verso la vecchia normalità. Una tesi supportata, peraltro, da quando accaduto già nei mesi estivi del 2020: quando le restrizioni sono state meno severe si è notato subito una piccola ma significativa inversione di trend, orientata al ritorno verso le abitudini pre-emergenza.
Uno degli elementi su cui le aziende del comparto stanno lavorando di più per incentivare l’utilizzo dei mezzi pubblici è la comunicazione. Orari aggiornati in tempo reale, informazioni direttamente visibili sullo smartphone e affidabilità delle corse sono elementi da sempre preziosi, e oggi ancora più decisivi per chi si sposta regolarmente e chiede puntualità e precisione. Insomma, per essere davvero competitivo, il servizio pubblico deve avvicinarsi sempre più alle performance di un mezzo privato.
La mobilità dolce spopola
In questo contesto, a completare il quadro, si inserisce il boom della micro-mobilità. Nel 2020 tantissime persone hanno iniziato a utilizzare in maniera frequente monopattini e biciclette, in versione elettrica e non. Sui primi, come abbiamo già raccontato su Meteo.it, c'è stata una crescita letteralmente esponenziale: secondo i dati elaborati dall'Osservatorio nazionale sulla sharing mobility è emerso un aumento di oltre il 500% da dicembre 2019 a settembre 2020. I vantaggi del monopattino sono evidenti: la facile manovrabilità nello spazio urbano, le emissioni azzerate e il minore inquinamento acustico. Si tratta certamente di un'alternativa più smart ai mezzi pubblici, che permette di spostarsi più rapidamente nelle aree trafficate della città.
Da non sottovalutare sono anche l’economicità rispetto a qualsiasi altro mezzo privato, la possibilità di raggiungere zone urbane non coperte dal servizio di trasporto pubblico e la facilità di deposizione alla fine del tragitto. Nonostante un rallentamento del settore nella seconda parte del 2020, si ritiene che ci siano ampi margini di crescita per la micro-mobilità, soprattutto in un'ottica di sostenibilità ed evoluzione high tech.
Il trend di crescita si riscontra pure per la mobilità condivisa: car sharing e car pooling, servizi per lo sharing di biciclette, monopattini, scooter e altri veicoli stanno sempre più invadendo il mercato, con un parco mezzi è in costante crescita e un incremento del 52% rispetto al 2018. Alla base di questo sistema di trasporti innovativo c’è un idea di fondo: si devono muovere di più le persone e di meno i grandi veicoli. Tra i benefici più apprezzati dagli utenti ci sono la flessibilità, il risparmio (non solo in termini economici ma anche di tempo) e al solito la tutela dell'ambiente in chiave di sostenibilità. Infatti, oggi oltre il 40% dei mezzi di micro-mobilità è di tipo elettrico. Il lockdown ha temporaneamente bloccato questo trend, ma appena le misure di restrizione si sono attenuate la tendenza è proseguita: già durante l'estate 2020, infatti, si è tornati rapidamente ai numeri pre-pandemia.
Infine, un piccolo assaggio di futuro: anche se probabilmente è prematuro parlarne fin da ora, si può immaginare che già dal 2022 si inizieranno a vedere in diversi paesi del mondo i primi taxi-robot, messi su strada anche in collaborazione con le aziende di trasporto pubblico. Ma di certo, tra attenzione al benessere e alla salute, ricerca dell'ecosostenibilità e spinta innovativa, non è azzardato dire che la rivoluzione della mobilità urbana è molto più vicina. Anzi, è già abbondantemente iniziata.