Spazio: scattata foto a uno dei bagliori più brillanti mai visti finora nell'universo
È stato fotografato nello spazio uno degli oggetti più brillanti mai visti prima nell'universo: si tratta di un quasar, letteralmente una “sorgente radio quasi stellare”, ovvero una galassia al cui centro si trova un gigantesco buco nero attivo, e che si nutre della materia che lo circonda con molta velocità.
Dallo spazio arriva la foto a uno dei bagliori più brillanti dell'universo
La fotografia è stata scattata grazie alla collaborazione internazionale Event Horizon Telescope (Eht). La ricerca, che ha visto la partecipazione di decine di studiosi di tutto il mondo, è pubblicata su The Astrophysical Journal ed è stata coordinata dagli astronomi Svetlana Jorstad, dell'Università di Boston, e Maciek Wielgus, dell'Istituto tedesco Max Planck per la radioastronomia.
Nrao 530: il nome del quasar fotografato nello spazio
La luce del quasar, denominato Nrao 530, ha viaggiato per ben 7,5 miliardi di anni prima di raggiungere la Terra ed è l'oggetto cosmico più lontano fino ad oggi osservato dai radiotelescopi della collaborazione Event Horizon Telescope (Eht).
La foto scattata sarà utile per comprendere questi fenomeni
Quello fotografato è una tipologia di quasar particolare che prende il nome di blazar, che orienta verso la Terra il suo getto di materia. Le foto scattate sono quelle più dettagliate mai viste di un oggetto di questa tipologia. Le immagini potranno servire negli studi e nelle ricerche per comprendere meglio questi fenomeni cosmici.
I buchi neri già di per sé non emettono luce, ma la materia che li circonda può diventare molto luminosa a causa della forza di gravità e dell'attrito. Parte di essa viene inoltre incanalata lungo le linee del campo magnetico fino ai poli, dai quali viene lanciata nello spazio sotto forma di getti di plasma a una velocità che sia avvicina a quella della luce. Proprio come le immagini dei due buchi neri, anche quella del quasar ha richiesto anni di lavoro. Le prime osservazioni risalgono all'aprile 2017 e, ha detto Wielgus, "grazie alla potenza dei radiotelescopi di Eht abbiamo potuto osservare in dettaglio la struttura della sorgente".