La solitudine fa davvero male, non solo alla salute mentale
Stare chiusi in casa da soli e avere poche interazioni sociali non fa bene. Forse molti lo hanno sempre pensato, recenti studi scientifici dimostrano ora come la solitudine possa determinare davvero gravi conseguenze dal punto di vista della salute fisica e psicologica. Anzitutto un deficit cognitivo e una perdita di memoria, ma anche danni cerebrali, obesità e malattie cardiovascolari. Insomma, niente di buono per il nostro benessere che rischia di essere compromesso.
Problemi cerebrali, cardiovascolari e obesità
Con l'arrivo della pandemia di Covid-19 quasi tutti abbiamo sperimentato la sensazione della solitudine, o comunque abbiamo patito la limitazione di potere interagire dal vivo con meno persone del solito. Stare da soli a lungo e non interagire faccia a faccia con altre persone può avere conseguenze negative sulla salute mentale, e non solo, come dimostra fra gli altri lo studio scientifico condotto dai ricercatori dell’università di Barcellona e pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Aging Neurosciences.
In particolare, nella sperimentazione sono stati coinvolti 1.537 partecipanti, con età molto diverse e nazionalità altrettanto differenti. Per valutare lo stato di salute fisica e psichica sono stati effettuati questionari soggettivi sul grado di solitudine percepita, test di memoria ed esami di imaging attraverso una risonanza magnetica del cervello. I risultati sono stati molto chiari: i sentimenti di solitudine sono risultati associati a perdita della memoria verbale e declino cognitivo in una buona parte dei partecipanti allo studio.
Questi deficit rappresentano manifestazioni precoci di percorsi che possono portare a forme di demenza o, più in generale, a danni al cervello. In parte sulle conseguenze della solitudine incidono anche le differenze culturali, in quanto pare che persone provenienti da Paesi e contesti sociali differenti siano in grado di adattarsi in maniera più o meno efficace alla carenza di interazioni sociali.
Il problema non riguarda solo il cervello: anche il cuore e altri organi possono risentire di questa condizione di isolamento sociale. Come riportato dal British Medical Journal, la solitudine determina un aumento del 29% il rischio di infarto e del 32% la possibilità di avere un ictus. Questo non tanto per la solitudine in sé, quanto per le abitudini che il vivere da soli determina: mangiare male, fumo, alcol, sedentarietà e tanto altro. Per questo si è evidenziata anche una correlazione con aumento del peso e obesità, che sono importanti fattori di rischio per le malattie cardiovascolari e spesso associati a morbilità e mortalità.
Insomma, contrastare la pandemia di solitudine, che colpisce soprattutto gli anziani, è una sfida importante del nostro tempo, che richiede la messa a disposizione di risorse e infrastrutture per facilitare l'interazione sociale.