Le Dolomiti si stanno sbriciolando
Le pareti rocciose delle Dolomiti sono sempre più fragili, e a testimoniarlo è una serie di recenti crolli che stanno avvenendo nel gruppo montuoso del Sorapiss, in provincia di Belluno, l'ultimo dei quali si è verificato a metà ottobre. Le rocce che compongono le Dolomiti, celebri anche per la loro conformazione caratteristica, non sono molto compatte e presentano fratture anche parecchio profonde, evidenziando per prime un problema che riguarda in realtà moltissime aree di montagna.
Con il rialzo delle temperature a causa del cambiamento climatico, il conseguente scioglimento del ghiaccio determina la perdita del collante che mantiene tutto unito. Per questo alcune porzioni di roccia si possono sgretolare, dando luogo a frane e smottamenti, talvolta di grande entità. Le conseguenze sono anzitutto ambientali, ma anche di sicurezza, tanto che si stanno cercando modi per prevenire i rischi derivanti dai crolli che periodicamente si presentano.
Una situazione in continuo peggioramento
Negli ultimi anni gli smottamenti che hanno interessato le Dolomiti sono stati più numerosi che mai, determinando danni ingenti a uno dei patrimoni naturalistici più affascinanti del nostro paese. L’ultima frana in ordine cronologico ha riguardato la Punta dei Ross nella giornata di sabato 9 ottobre. La zona in cui si sono verificati i distacchi si trova a circa 2.400 metri di altitudine, con 3 diverse scariche di detriti che si sono susseguite, formando migliaia di metri cubi di materiale che si sono scesi verso valle, senza (per fortuna) giungere nei centri abitati e nelle zone frequentate nelle vicinanze.
L’area urbana più vicina è la zona Chiapuzza, in Veneto, più precisamente in provincia di Belluno. Si tratta di una porzione di questa catena montuosa ritenuta molto a rischio sia per la conformazione specifica delle rocce sia per gli episodi di distacco sempre più frequenti che stanno caratterizzando quest’ultimo periodo.
L’obiettivo degli esperti è di individuare quali siano le aree più in pericolo per evitare danni di vario genere determinati da piccoli crolli o frane. Invertire la tendenza e diminuire la frequenza degli smottamenti, invece, sembra molto difficile. Il destino di questo versante roccioso sembra infatti ormai segnato: verrà giù, pezzo dopo pezzo, nel corso dei prossimi decenni, determinando addirittura un cambio nella fisionomia delle pareti rocciose, con forme nuove e adattate alle condizioni ambientali.
Allargando l’orizzonte, poi, il problema riguarda in modo analogo l’intero complesso delle Dolomiti, con episodi simili che si verificano con cadenza ormai mensile e determinano un fenomeno che è stato definito sbriciolamento cronico.
Frost-cracking e scioglimento del permafrost
Dopo aver constatato dai dati di cronaca la situazione critica della catena montuosa delle Dolomiti, la domanda sorge spontanea: perché questa catena montuosa si sta sbriciolando? Anzitutto, il problema è da ricercare nel cosiddetto frost-cracking, un fenomeno caratterizzato dalla degradazione delle rocce a seguito dell’alternanza gelo-disgelo. In termini semplici, l’acqua delle piogge e delle nevi, sciolta per le alte temperature, si insinua nelle fessure delle rocce, per poi ri-ghiacciarsi ed espandersi, creando degli spazi e delle spaccature nella roccia. Questi fenomeni si sono sempre verificati alle medie e basse quote ma ora, a causa del cambiamento climatico e dell’innalzamento delle temperature, anche nelle vette più alte si stanno verificando dinamiche di questo genere.
Tutto questo causa una minore stabilità e solidità delle catene montuose, determinando un po' ovunque eventi simili a quelli che si stanno verificando sulle Dolomiti.
L’altro elemento che può favorire le frane riguarda lo scongelamento del permafrost, ossia lo strato di terreno ghiacciato che si sta progressivamente sciogliendo a causa del riscaldamento globale. Il ghiaccio, oltre a permettere il mantenimento di una serie di ecosistemi ambientali, dona solidità e resistenza alle montagne. Negli ultimi anni il permafrost si sta sempre più deteriorando, e di conseguenza alcune zone rocciose stanno perdendo consistenza, diventando più fragili, friabili e soggette a possibili distaccamenti di roccia.
La priorità della questione sicurezza
L’aumento numerico dei fenomeni che hanno interessato le Dolomiti negli ultimi mesi ha riacceso i riflettori sul problema della sicurezza. Di sicuro la situazione di fragilità di questa catena montuosa permane da migliaia di anni, ma il cambiamento climatico adesso rende tutto più rapido e rischioso, con la possibilità che si verifichino eventi eccezionali anche ad alta quota, dalle ripercussioni potenzialmente devastanti.
Insomma, la frequentazione delle vette ad altitudini più elevate sarà sempre più pericolosa, sia per l’innalzamento medio delle temperature globali, sia per i fenomeni meteorologici estremi che caratterizzano queste aree. Per questo motivo il ruolo dei geologi e di chi si occupa di individuare le aree a rischio sta diventando fondamentale per la sicurezza degli amanti della montagna. Negli ultimi anni, purtroppo, molti sentieri e percorsi di montagna sono stati chiusi, con lo scopo per prevenire i danni alle persone che possono derivare da frane o caduta di massi.
Per capire l’entità del problema basta pensare che molte vette ogni anno perdono parecchi centimetri di altezza proprio a seguito dei mutamenti morfologici, derivanti sia dagli sbalzi termici con il frost-cracking sia dall’erosione. Guardando al di là delle Dolomiti, il caso più emblematico è quello del Monte Bianco, che in soli 4 anni ha perso ben 91 centimetri di altezza.