Prendereste un aereo per atterrare nello stesso aeroporto da cui siete partiti?
Dal nome potrebbe sembrare qualcosa di simile a un last minute portato all'estremo, in cui nemmeno al momento del decollo si ha idea di quale sia la destinazione del proprio viaggio. Invece è qualcosa di molto più semplice: senza destinazione, con un uso un po' improprio, è un modo che di recente si è iniziato a usare per indicare un volo in cui l'aeroporto di atterraggio c'è eccome, solo che coincide con quello da cui avviene il decollo. In pratica, un volo fine a se stesso, un giro in giostra, o un modo per vivere l'esperienza dell'aereo anche in tempo di pandemia.
Naturalmente il motivo scatenante di questa moda, partita dai Paesi asiatici, è la voglia di volare in un periodo in cui farlo è molto più complicato del solito. Tra divieti di transito in alcuni confini transnazionali e il rischio di finire d'ufficio in quarantena una volta atterrati, non è un segreto che molti abbiano rinunciato a viaggiare in aereo, tanto per lavoro quanto per le ferie. Il viaggio senza destinazione risolve buona parte di questi problemi, perché di solito resta entro i confini nazionali (o comunque si limita a sorvolare altri Paesi, senza fare scalo a terra) e quindi permette di imbarcarsi con le stesse regole - controlli antiterrorismo a parte - di un treno o un bus.
Cosa si fa in un viaggio senza meta
Semplice: ci si gode il viaggio. Sconsigliato per chi soffre il mal d'aereo o vive ogni volo come una sofferenza, un viaggio di questo tipo è pensato per unire la visione di panorami dall'alto, il vivere un'esperienza a bordo e il combattere la nostalgia di chi era abituato a volare di continuo, e ora sente la mancanza del classico cabin crew, take your seats.
Una volta a bordo, oltre a sbirciare dal finestrino, i passeggeri possono di solito approfittare di sistemi di intrattenimento, immergersi nelle attività (più o meno bambinesche) proposte, e spesso gustare anche un pasto gourmet, magari preparato direttamente in volo da uno chef.
Gli esempi non mancano. Anche se qualcosa di simile esiste già da anni in Australia, con compagnie aree che offrono il sorvolo dell'Antartide, la prima azienda a essersi attivata in tempo di pandemia è la taiwanese Eva Air, che ha organizzato un viaggio senza destinazione lungo quasi tre ore, chiamato Hello Kitty Dream. Oltre a sorvolare aree dal colpo d'occhio niente male, come le isole giapponesi Ryukyu, l’isola di Guishan e la costa di Huadong, particolarità del viaggio è stata la decorazione dell'aereo con immagini e pupazzi di Hello Kitty, combinata con l'ingaggio di un famoso chef stellato locale per la preparazione del pasto in volo.
L'idea ha funzionato così bene che molte altre compagnie aeree hanno seguito al traino. Air Nippon Airways si è data al tema hawaiano, con un volo Tokyo-Tokyo, mentre la Royal Brunei Airlines ha preparato un sorvolo dell'isola di Borneo, sempre con cena inclusa. Stando ai dati forniti dalle singole compagnie, in tutti i casi i biglietti sono andati sold out in poche ore.
Il senza destinazione per una compagnia aerea
Che cosa significa creare e mantenere format di questo tipo se si guarda al fenomeno dal punto di vista delle compagnie aeree? Il primo motivo è ovvio: vendere biglietti permette di recuperare una parte del fatturato perduto con il drastico calo del numero di voli di linea. Non è un caso, infatti, che molte di queste iniziative siano nate in Paesi dove le limitazioni alla circolazione internazionale sono più rigide.
Ma c'è molto di più. Far partire gli aerei per un giretto in volo, con ritorno al punto di partenza, è anche un modo per continuare a far funzionare gli aerei, e soprattutto per tenere in allenamento i piloti. Non certo per il timore che possano scordare come si guida un aeromobile, ma poiché ci sono dei vincoli amministrativi e burocratici che devono essere rispettati. Se un pilota vola troppo poco, infatti, può perdere la propria licenza.
Per farla breve, un pilota è autorizzato a condurre un volo solo se di recente ne ha pilotati abbastanza, che nella maggior parte dei casi significa almeno 3 negli ultimi 3 mesi. Anche se il periodo di quasi totale interruzione del servizio è stato piuttosto breve, il traffico aereo non è mai tornato ai livelli del 2019, dunque ci sono piloti costretti alla cassa integrazione o che hanno volato molto poco. Non tutte le licenze possono essere mantenute attive sostituendo l'attività di routine con attività nei simulatori di volo, e solo per alcune licenze sono state concesse proroghe d'ufficio motivate con la condizione di emergenza. Alcune compagnie, addirittura, sono state costrette a far viaggiare gli aerei vuoti - eccezion fatta per la cabina di comando - proprio per salvare la licenza dei propri piloti prima che scadesse.
Se in questo senso diventa evidente che cosa spinga una compagnia aerea a organizzare queste esperienze di volo apparentemente fine a se stesse, è improbabile che questa piccola moda possa essere sufficiente a risollevare un intero comparto. Il quotidiano economico Bloomberg ha stimato che a rischiare il posto, a livello globale, è quasi mezzo milione di persone il cui lavoro è direttamente o indirettamente collegato ai viaggi aerei. Solo i piloti sarebbero decine di migliaia, costretti alla cassa integrazione o del tutto rimossi dall'organico.
Le crociere
Se quello dei viaggi senza destinazione è senz'altro il frutto dell'ingegno in un momento di crisi, il modello del volo che torna da dove è partito sembra essere esportabile ad altre tipologie di turismo. A partire dalle vacanze in mare: sono state già annunciate crociere verso il nulla, che salpano e riattraccano allo stesso porto (naturalmente dopo qualche giorno) senza però sbarcare i passeggeri in alcuna località turistica. Tutto, quindi, avviene direttamente a bordo della nave.
Tanto le compagnie aeree quanto quelle marittime hanno garantito il rispetto delle misure anti-contagio. Mascherine e disinfezione a parte, resta però un grosso punto interrogativo sulla capienza massima di viaggio. Per garantire un adeguato distanziamento, e per scongiurare che questi viaggi senza destinazione abbiano come risultato la creazione di un focolaio, navi e aerei devono ritarare la propria capienza, perlomeno nel rispetto delle normative nazionali in vigore.