L'inquinamento rende i viaggi in aereo sempre meno sicuri
In questo periodo, a causa della pandemia, molte persone vedono quasi come un miraggio la possibilità di prendere un aereo e attraversare, per esempio, l'oceano Atlantico. Anche se il traffico in cielo non è del tutto azzerato e si continua a volare, non c'è dubbio che quelli che stiamo vivendo siano mesi particolarmente difficili pure per le compagnie aree. Per di più, anche quando la pandemia sarà solo un ricordo, nei prossimi anni dovremo fare i conti con qualche ulteriore grattacapo che rischia di complicare i voli.
Tra le conseguenze del riscaldamento globale e dell'inquinamento atmosferico, infatti, non ci sono solo quelle legate alla vita sul nostro pianeta, ma anche un aumento della pericolosità nei viaggi in aereo. Il rischio principale, dicono scienziati e ingegneri, riguarda le turbolenze anche in condizioni di cielo sereno, che rischiano di aumentare notevolmente l'ansia da volo così come l'incidenza di lesioni e piccoli infortuni.
Cos'è una turbolenza in aria chiara
Come per molte altre cose spiacevoli che possono riguardarci, anche per quanto riguarda le turbolenze a cielo sereno la causa principale è l'inquinamento, e più in particolare l'anidride carbonica dispersa nell’atmosfera. Come noto, le emissioni di CO2 sono un problema a cui si sta cercando di porre rimedio da anni, riducendo i processi di combustione e più in generale tutte quelle lavorazioni e attività che finiscono per immettere nell'aria sostanze climalteranti.
Responsabili del riscaldamento globale in modo non trascurabile sono anche gli aerei stessi, di cui forse non si parla abbastanza da questo punto di vista. In particolare, il notevole incremento del numero di voli negli ultimi 20 anni è la principale causa delle turbolenze cosiddette in aria chiara, fenomeni atmosferici che derivano dall'incontro di correnti d'aria a velocità molto differenti.
Queste turbolenze si verificano prevalentemente a un'altezza tra i 5 e 10 chilometri da terra e nelle giornate serene, ossia con il cielo privo di nubi. Dati alla mano, sono più frequenti durante l'inverno. Si tratta di correnti a getto, caratterizzate da un forte gradiente di vento, che causano quei fastidiosi movimenti improvvisi degli aerei in verticale che tanto spaventano i passeggeri. Il vero pericolo deriva dal fatto che le turbolenze in aria chiara, a differenza di quelle che ci sono durante i temporali o nell'attraversare una perturbazione, sono completamente invisibili ai radar, e di conseguenza sono impossibili da evitare.
Un argomento su cui ha fatto ulteriore luce una recente ricerca scientifica condotta all'università di Reading nel Regno Unito e pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature: per la prima volta è stato dimostrato, anche in modo quantitativo, quando l'inquinamento di origine antropica abbia aumentato l'intensità delle correnti d'aria improvvise ad alta quota. L'effetto dovuto alla presenza di un eccesso di anidride carbonica, infatti, è stato di creare differenze di temperatura ancora più marcate, con la conseguenza di una circolazione atmosferica più turbolenta.
Si vola(va) sempre di più
Con la pandemia il numero di voli è drasticamente diminuito, ma fino all'inizio del 2020 il trend era chiarissimo: un costante aumento dei viaggiatori, soprattutto grazie alla possibilità di spostarsi a prezzi accessibili approfittando delle compagnie low cost. Basta pensare che il 13 luglio del 2018, passato alla storia come il giorno più trafficato di sempre, ha visto la presenza di un totale di 205.468 voli.
Ma, come anticipato, viaggiare in aereo inquina non poco l'ambiente, e troppo spesso ci si dimentica di quanto un volo possa incidere sul riscaldamento globale. Il settore dell'aviazione è responsabile di circa il 2% delle emissioni di CO2 prodotte dalle attività antropiche a livello globale, e per l'Europa questo valore sale al 3%. In termini assoluti, un aereo in media emette 285 grammi di anidride carbonica per ciascun passeggero e per ogni chilometro percorso, quasi 7 volte di più rispetto a un'automobile a combustibili fossili.
Staccati dai seggiolini
Le prospettive future non sono delle migliori. Se non si interviene subito per ridurre le emissioni di CO2, il rischio è di vedere un aumento considerevole delle turbolenze in aria chiara nei prossimi decenni. Tra le aree più colpite ci sarà sicuramente il corridoio aereo Nord Atlantico, tratta fondamentale per il collegamento tra Europa e America settentrionale, dove ogni giorno transitano circa 600 aerei.
Si stima che, dopo la metà di questo secolo, con il raddoppio della concentrazione di CO2 le turbolenze moderate cresceranno del 94%, quelle di media intensità del 127% e le gravi del 149%. Queste ultime, in particolare, sarebbero in grado persino di sollevare i passeggeri dai seggiolini qualora le cinture di protezione non siano allacciate. Ed è proprio questo il motivo della grande preoccupazione che circonda il mondo dell'areonautica, tanto che già ora si registrano ogni anno alcune centinaia di ferimenti durante i voli per questa ragione.
Le compagnie aeree sono alla ricerca di soluzioni per garantire il proseguimento della loro attività in piena sicurezza. Purtroppo, però, non si prospettano grandi possibilità: l'unica attuabile sembra essere di modificare le tratte aeree, identificando percorsi alternativi per evitare le zone a maggior rischio di turbolenze. Il risultato è facilmente intuibile: allungamento dei tempi di percorrenza, utilizzo di più carburante, maggiore inquinamento e aumento ulteriore del riscaldamento globale.
Un circolo vizioso peraltro accompagnato da un inevitabile aumento di costi che ricadranno sui viaggiatori. Insomma, il rischio è che si inneschi una deriva che ci allontani ancora di più dagli obiettivi di transizione ecologica e di azzeramento delle emissioni.