Il riscaldamento globale minaccia anche le future Olimpiadi invernali
Le Olimpiadi invernali di Pechino 2022 sono alle porte (si parte il 4 febbraio). Ma molte sedi future dovranno fare i conti seriamente con l’aumento delle temperature dovuto al riscaldamento globale. A sostenerlo è uno studio dell’università di Waterloo in Canada. Insomma, potrebbe non essere semplicissimo trovare grandi mete che le ospitino, per il troppo caldo e il progressivo scioglimento di nevi e ghiacci.
Soltanto una tra tutte le 21 precedenti sedi delle Olimpiadi invernali infatti sarebbe in grado di ospitare i Giochi in futuro in modo affidabile se i cambiamenti climatici manterranno le tendenze attuali. Parliamo di città olimpiche del passato come Vancouver, Torino e PyeongChang in Corea del Sud che potrebbero diventare luoghi inadatti per le Olimpiadi invernali entro la fine del secolo. Nessuna emergenza quindi per Pechino o per Milano e Cortina nel 2026, magari però ci saranno difficoltà per la scelta delle sedi successive.
Il problema insomma riguarda già il futuro prossimo, rendendo ancora una volta concreto l’allarme clima che qualcuno vede magari come astratto e lontano. I ricercatori sono partiti da un sondaggio tra 339 atleti e allenatori di alto livello su quattro indicatori che renderebbero non sicure le competizioni olimpiche sulla neve: temperature inaccettabilmente alte o basse, pioggia, neve bagnata e scarsa copertura del manto nevoso. Il risultato è che la frequenza di queste condizioni è aumentata negli ultimi 50 anni anche dove si erano svolte in precedenziale Olimpiadi invernali. E la tendenza sembra destinata a continuare.
“Nessuno sport può sfuggire agli impatti di un clima che cambia” sostiene Daniel Scott, autore principale dello studio canadese. “Il raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi è fondamentale per salvare gli sport sulla neve così come li conosciamo e garantire che ci siano luoghi in tutto il mondo dove ospitare le Olimpiadi invernali”.
Poca neve: cosa succede per le Olimpiadi invernali
Se venissero rispettati gli accordi di Parigi e le emissioni nocive rispettassero quei limiti, non ci sarebbe soltanto una delle precedenti 21 sedi (Sapporo, in Giappone) a poter ospitare ancora ospitare i Giochi, ma si arriverebbe a nove. Se le attuali tendenze rimarranno invece inalterate, per esempio, nessuna delle otto sedi delle Olimpiadi invernali nelle Alpi, area storica scelta molto spesso fin dai primi Giochi del 1924, ce la farebbe.
A qualcuno sembra ancora un futuro lontano? Il 6 gennaio scorso la gara di slalom speciale maschile di Coppa del mondo di Zagabria è stata annullata per troppo caldo e mancanza di abbastanza neve. Intanto le temperature medie ai Giochi sono aumentate costantemente: da 0,4°C negli anni ’20-’50 si è passati a 3,1°C negli anni ’60-’90 e 6,3°C nel 21° secolo. A Vancouver 2010 si è trasportato neve in elicottero mentre a Sochi 2014 gli organizzatori avevano ammassato tonnellate di neve come scorta.
A Pechino intanto si scierà molto su un manto artificiale. E tutti questi problemi ovviamente potrebbero riguardare anche il futuro in genere degli sport invernali e del turismo della neve.