Dalla Siberia all'India, quando il viaggio incontra la fotografia
Oltre alle rinomate località da cartolina e alle bellezze tipicamente turistiche, nel mondo ci sono tanti luoghi nascosti e pressoché sconosciuti dove si possono trovare bellezze rare, diverse e affascinanti. La globalizzazione e la trasformazione tecnologica hanno finito irrimediabilmente per uniformare molte popolazioni, facendoci a tratti persino perdere il fascino del diverso.
Ma ci sono popoli ed etnie che, con il loro modo di vivere, sono in grado non solo di stupirci, ma anche di raccontarci già con poche immagini un mondo lontanissimo - per geografia e per cultura - da quello a cui siamo abituati. Uno stupore che è reso possibile grazie ai viaggi e, per chi non si muove dal proprio paese, dalla fotografia. E proprio la fotografia è lo strumento con cui sta provando a raccontare la diversità del mondo Alessandro Bergamini, fotografo italiano in viaggio da quando aveva 18 anni e già premiato da National Geographic Italia. Oggi è parte del team di Grandi Viaggi Fotografici, e il prossimo 3 luglio sarà uno dei protagonisti della prima edizione di TEDxMirandola, la conferenza-evento nata per favorire la condivisione di idee.
Il perché del mettersi in viaggio
"Quello che spinge a fare questo tipo di viaggi è anzitutto l’attrazione e il desiderio di confrontarsi con persone che ragionano in modo diverso, ma non per questo sbagliato o insensato", ha raccontato Bergamini a Meteo.it. "Per questo l'obiettivo del viaggio è immergersi completamente in condizioni nuove e atipiche, in cui si perde qualsiasi punto di riferimento tanto da esserne del tutto disorientati".
L'idea che sta alla base di questa filosofia di viaggio è chiara: spesso abbiamo dei pregiudizi e degli stereotipi nei confronti dei popoli che hanno abitudini così dissimili dalle nostre, e questo ci impedisce di apprezzare la loro indiscutibile bellezza intrinseca. "Ecco un esempio", ha continuato Bergamini: "prima di partire per un paese come l'Afghanistan ci si può aspettare di incontrare militari per nulla ospitali nei confronti degli stranieri, ma il più delle volte non è così. Nel deserto, in aree diverse da quelle più critiche, ho potuto incontrare gente genuina, curiosa, che offre da mangiare e ospitalità per dormire, che accoglie in casa propria con gioia". Insomma, l'orgoglio per la propria cultura e tradizione che si fonde con un grande rispetto verso la cultura e il modo di vivere altrui, senza mai giudicare o essere inopportuni. "Una bellissima sorpresa", ricorda.
Il viaggiare, inoltre, è parte fondante del nostro essere umani. "Siamo naturalmente portati a spostarci e a esplorare", ha aggiunto Bergamini, "è un istinto che deriva dalla curiosità innata che ci contraddistingue". Come oggi è ben noto, infatti, le analisi del DNA dei popoli antichi mostrano che i nostri antenati da sempre si sono spostati, migrando alla scoperta di nuove terre e spinti da necessità specifiche o dal semplice desiderio di arrivare oltre.
Immortalare la bellezza, prima che scompaia
Se da un lato è affascinante viaggiare, dall'altro la fotografia ha un ruolo essenziale per raccontare, con la forza delle immagini, le emozioni che si provano nel visitare luoghi nuovi e nell'incrociare gli sguardi con popoli così intrisi di saperi da trasmettere, ma allo stesso tempo così poco conosciuti. "Ora è importante agire subito, senza perdere tempo", ha aggiunto Bergamini, "perché tante di queste ricchezze stanno per sparire per sempre".
Molte sotto-culture, infatti, faticano a sopravvivere, e sono purtroppo destinate a diventare sempre più marginali, fino a eclissarsi. "Non possiamo perderci tutto ciò senza lasciare testimonianze per le generazioni future", ha ribadito. Gli esempi sono tantissimi. A cominciare dal popolo dei Nenet, che vive nella tundra siberiana dove in inverno si raggiungono temperature di -40°C, abituato a vivere nelle tipiche tende chum e che ricava il cibo dalla pastorizia e dalla pesca. "Il problema per questa popolazione è che molti ragazzi che vanno a studiare in città, dopo aver scoperto la tecnologia e le comodità, non tornano a fare la vita tradizionale da Nenet", ha raccontato Bergamini. E lo stesso vale per la tribù Bakarwal in India, che da tempo immemore ricava la lana del Kashmir: "Anche in questo caso i giovani sognano di andare a Mumbai o Delhi, anziché restare nelle terre meno ospitali abitate da secoli".
Queste popolazioni nascoste, e per molti del tutto sconosciute, presentano segni particolari unici e affascinanti: nella tribù Chin in Myanmar le donne portano inconfondibili ed evidenti tatuaggi sul volto, mentre nella tribù Kayan indossano vistose collane ad anello fatte d'oro. Ancora, i membri della tribù Miao in Cina portano un copricapo con fili di lana intrecciati ai capelli, e gli uomini della già citata tribù Bakarwal in India hanno sempre barbe lunghe dipinte con colori fiammeggianti.
Particolari che non possono andare perduti per sempre, ma di cui occorre raccogliere testimonianze prima che sia troppo tardi, per avere piena coscienza di ciò che sta accadendo in questi angoli del mondo.
Dagli obiettivi personali a quelli globali
A far scoccare la scintilla che c'è all'origine di questi viaggi alla scoperta della diversità possono essere ragioni molto diverse, a volte anche intime e strettamente personali. "Lo scopo che sento più mio", ha raccontato Bergamini, "è di riuscire ad avere una raccolta più ampia possibile di tutte le etnie, i popoli e le tribù che vivono o hanno vissuto nel recente passato sul nostro pianeta. Una sorta di atlante dei popoli. Con questi viaggi voglio sfatare dei falsi miti, e togliere quell'assurda convinzione di sapere tutto tipica di chi si limita a leggere di luoghi lontani, senza visitarli davvero".
Persino ciò che a prima vista può apparire assurdo, primitivo o barbaro, assume tutt'altro significato quando si conosce a fondo una realtà. "Di alcuni luoghi lontani circolano foto di stragi di cani che spesso destano scandalo", ha detto per esempio, "ma poi si scopre che si tratta di azioni per ottimizzare il randagismo, perché quegli animali allo stato brado rappresentano un rischio concreto per la sicurezza quotidiana dei figli". Viaggiando, ha spiegato il fotografo, si vede tutto da un altro punto vista, tanto da far crollare le vecchie certezze basate su sensazioni e pregiudizi infondati. Ma questo non significa rinnegare le proprie origini: "La cosa davvero affascinante è che ogni volta che ritorno a casa apprezzo ancora di più il mio paese. Trovarsi bene altrove non significa trovarsi male a casa propria", ha concluso.
Dietro quest’ultima frase, in particolare, si cela un intero mondo di significati: il viaggio come un'esperienza che va oltre ogni forma di giudizio e che non determina in alcun modo lo scontro tra culture differenti, ma anzi fortifica la convinzione nei propri ideali, fondati anzitutto sul rispetto e sulla stima per ciò che ci appare diverso, nuovo e sconosciuto.