Quanto ci costa il cambiamento climatico?
Ciascun evento meteo-climatico estremo causa danni non solo al territorio, e troppo spesso in termini di vite umane, ma anche dal punto di vista economico: il cambiamento climatico e l'inquinamento, insomma, numeri alla mano ci stanno rendendo sempre più poveri. Fenomeni improvvisi e incontrollabili come alluvioni, incendi, temporali intensi, frane e molto altro determinano un prezzo da pagare che ricade su stati e cittadini, con danni economici che spaventano soprattutto in termini di prospettive future.
Inoltre, il riscaldamento globale e il conseguente scioglimento dei ghiacciai potrebbero causare danni ancora più gravi nel futuro prossimo, come la compromissione degli ecosistemi marini, la necessità di abbandonare intere città a causa dell'aumento del livello dei mari e l'estinzione di molte specie viventi. Con una minaccia che, in prospettiva, si fa sempre più concreta anche per gli esseri umani.
Per l'Europa, 450 miliardi di danni in trent'anni
A tentare di quantificare il danno, in termini economici, provocato dal cambiamento climatico è stato di recente uno studio dell'Agenzia europea dell'ambiente (Aea). Da questa analisi è emerso che dal 1980 al 2019, solo in Europa, sono stati persi a causa delle calamità naturali circa 446 miliardi di euro, ossia in media 11,1 miliardi all’anno, pari al 3% del prodotto interno lordo degli stati presi in considerazione. Facendo una poco lusinghiera classifica, i paesi più danneggiati dagli effetti del riscaldamento globale nel periodo analizzato sono la Germania con 107 miliardi di euro persi, seguita dall'Italia con una perdita stimata di 72 miliardi, poi la Francia (67 miliardi), il Regno Unito (53) e la Spagna (45).
I numeri ricalcolati per singolo cittadino sono ancora più emblematici: i 5 paesi che hanno perso più soldi pro-capite sono la Svizzera (2.627 euro a testa), il Lussemburgo (2.118 euro), la Danimarca (2.016), l'Austria (1.911) e la Germania (1.329). Come ribadito dall'Intergovernmental panel on climate change, un’agenzia delle Nazioni unite, la preoccupazione non riguarda solamente i dati attuali, ma soprattutto le previsioni per il futuro, che sono purtroppo molto negative: gli eventi estremi legati al clima saranno sempre più frequenti e diffusi in tutto il mondo, causando perdite economiche crescenti in tantissimi settori.
In Italia danni materiali ed economici consistenti
Lo abbiamo anticipato: in termini assoluti l’Italia è il secondo paese europeo che ha avuto i maggiori danni economici. Come abbiamo potuto constatare in questi ultimi mesi, i fenomeni come alluvioni, frane, incendi e siccità sono sempre più frequenti nel nostro paese. Spiega molto bene la gravità della situazione uno studio condotto da Greenpeace Italia sul periodo che va dal 2013 al 2019. Da questa analisi è emerso che oltre il 90% dei comuni italiani è a rischio frane o alluvioni, mettendo in pericolo il 12% della popolazione complessiva.
Nei 7 anni presi in esame, i danni causati da queste sole due voci hanno determinato un impatto economico quantificato in 20,3 miliardi di euro, circa 3 miliardi di euro l’anno. La regione più colpita in assoluto è risultata essere l'Emilia-Romagna, con un costo stimato in 2,4 miliardi di euro, seguita da Campania (1,8 miliardi), Toscana (1,8), Abruzzo (1,7) e Liguria (1,7).
Ma come vengono ricavati questi numeri? Il processo è molto semplice: quando accade una calamità naturale significativa e viene dichiarato lo stato di emergenza, viene di conseguenza elaborata una stima dei danni. Per porre rimedio e ripristinare la situazione precedente viene stanziato il corrispettivo in fondi pubblici, i quali vanno indirettamente a gravare sulle tasche di tutti gli italiani.
A rendere ancora più grave la situazione è che i soldi che lo stato devolve alle regioni per rimediare ai danni causati da frane e alluvioni sono pari - si stima - appena al 10% delle risorse realmente necessarie per rimediare al danno subìto. Il risultato è che i territori si trovano di fatto abbandonati a se stessi, e le stime dei danni complessivi rischiano di essere piuttosto delle nette sotto-stime, sia perché non includono davvero tutti i danni sia perché tralasciano quei fenomeni meteo-climatici che provocano danni minori.
Siamo incapaci di fare una vera prevenzione
La soluzione per porre rimedio a tutto questo è evidentemente una sola: creare un futuro più sostenibile, emettendo meno sostanze inquinanti e riducendo il riscaldamento globale che è alla base dell'aumento degli eventi climatici estremi.
Come è facile intuire, però, tutto questo processo non può accadere da un giorno all’altro, ma occorre molto tempo per invertire la tendenza: anche gli Accordi di Parigi, per esempio, parlano di obiettivi solo parziali per il 2030, e di azzeramento delle emissioni nette di CO2 da qui al 2050. Oltretutto, finora questo cambio di paradigma è stato fortemente annunciato ed enfatizzato, ma poco intrapreso in termini concreti. La strada per l’abbandono dell’uso di gas fossile, petrolio e carbone è ancora tutta in salita, e per realizzare una reale transizione ecologica è necessaria una svolta decisiva che ancora non è arrivata.
Nei prossimi anni dovremo senz'altro continuare a fare i conti con gli effetti del cambiamento climatico, e la prevenzione idrogeologica di fronte agli eventi estremi è la nostra unica arma a disposizione, spesso sottovalutata. Nel periodo dal 2013 al 2019 sono stati impiegati per questi interventi nel nostro paese appena 2,1 miliardi di euro, un decimo dei soldi spesi per rimediare ai danni causati dagli eventi avversi. La cosiddetta messa in sicurezza dei territori, nella stragrande maggioranza dei casi, avviene in maniera superficiale e tardiva, di fatto nella vana speranza che frane e alluvioni smettano di esistere e di causare danni.