Come combattere il cambiamento climatico, secondo il premio Nobel Giorgio Parisi
Finora si è fatto decisamente troppo poco per affrontare la sfida dei cambiamenti climatici, e a dimostrarlo sono anzitutto i risultati modesti ottenuti in termini di riduzione delle emissioni, oltre agli eventi climatici estremi sempre più frequenti che mettono a rischio la vita di tante persone. Di questo e non solo abbiamo con il premio Nobel per la fisica 2021 Giorgio Parisi, a cui è stato riconosciuto il merito dei progressi nello studio dei sistemi complessi, applicati tra le altre cose ai modelli climatici. Lo abbiamo incontrato per Meteo.it a margine della sua prima conferenza pubblica successiva all’annuncio del prestigioso riconoscimento, tornato in Italia dopo 37 anni.
Parisi, che ospite della Sissa di Trieste ha parlato del valore della scienza e degli attuali doveri degli scienziati, ha ribadito con fermezza quanto sostenuto in audizione a Montecitorio: le azioni finora condotte dai governi sono decisamente insufficienti per porre in atto il cambiamento radicale che sarebbe necessario. E le evidenze scientifiche da sole - ha aggiunto - non risolvono il problema, perché è necessario dare seguito con azioni concrete e indirizzi politici coraggiosi e innovativi, incentivati anche dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), per accelerare un processo di transizione energetica che per ora avanza troppo lentamente. Come lo stesso Parisi ha spiegato: "Anche in Italia servono investimenti consistenti in ricerca, per fare diventare il nostro un paese attrattivo per i ricercatori, e per i giovani più in generale. In questo ambito servono soldi in maniera costante perché, come si suol dire, le nozze non si fanno con i fichi secchi".
Il potere dell'informazione e della formazione
Se il ruolo della scienza è fondamentale per innescare i processi che diano vita alla transizione energetica e alla riduzione delle emissioni, probabilmente il ruolo degli scienziati sta cambiando, e limitarsi a evidenziare le criticità può non essere più sufficiente. Come ha chiarito Parisi, "L’obiettivo non deve essere ritornare a un consumo energetico ottocentesco, ma è importante capire come si forma il consenso tra gli scienziati, e diffondere informazioni giuste e coerenti con gli obiettivi che si intendono perseguire".
Uno degli elementi colpevolmente sottovalutati è il potere della comunicazione e dell’informazione, intesa come elemento abilitante per una presa di consapevolezza delle persone su un tema così importante e decisivo per le generazioni future quale è il benessere del pianeta Terra. Come ha detto Parisi a Meteo.it, "Cambiare le coscienze collettive è complicato: la scienza dal canto suo può parlare, comunicare, fare manifestazioni e coinvolgere il pubblico per favorire la diffusione della consapevolezza sull'importanza di agire. E in questo senso è molto importante anche il lavoro nelle scuole, ossia inserire stabilmente il cambiamento climatico nei programmi scolastici".
Iniziando magari da chi si occupa professionalmente di formazione: "È necessario che gli insegnanti siano formati bene, così che possano trasmettere le conoscenze ai giovani. Quei giovani che peraltro saranno i più colpiti dalle problematiche connesse al cambiamento del clima, molto più della generazione a cui appartengo". Tutto questo permetterebbe, secondo Parisi, di dare gli strumenti necessari per comprendere davvero quello che sta succedendo, "e per prevedere ciò che accadrà in futuro, così da ricavare una conoscenza il più possibile diretta delle nozioni scientifiche. Cominciano fin dall'asilo, come prevede il metodo Montessori che punta sull'esperienza con le mani in pasta fin da giovanissimi".
Scienza e politica: ruoli diversi, stesso obiettivo
Sul ruolo della politica e della scienza in questo dibattito per combattere il cambiamento climatico, Parisi si è espresso chiaramente: "Gli scienziati sono scienziati, i politici sono politici: date alla politica quello che è della politica, e date alla scienza quello che è della scienza". Insomma, una distinzione chiara che sottintende l'importanza della collaborazione tra scienziati e politici quando si tratta di clima e sostenibilità: se la produzione scientifica rappresenta il punto di partenza per la realizzazione di interventi volti alla tutela dell'ambiente, dall'altro lato la politica non può prescindere da queste considerazioni. Anzi deve proprio partire da questi elementi per promuovere la realizzazione di circoli virtuosi, senza cadere nell'inganno di far prevalere i princìpi economici e la sola salvaguardia della situazione finanziaria del paese.
Il fatto che il premio Nobel dopo tanti anni sia tornato in Italia, riconoscendo a uno scienziato italiano il merito di avere lavorato su sistemi complessi con un forte collegamento agli aspetti relativi al clima, può essere interpretato come un segnale di come il nostro paese sia chiamato ad essere leader e capofila nella lotta al riscaldamento globale e ai cambiamenti climatici. Ma per ora la situazione nella nostra penisola resta piuttosto critica, a cominciare dai fondi destinati.
"La posizione del nostro paese attualmente è di ritardo rispetto ad altri come la Francia", ha ribadito Parisi. Se vogliamo raggiungere una situazione analoga a quella francese odierna entro un lustro, infatti, serve aumentare gli investimenti in ricerca scientifica di 5 miliardi di euro annui. "L’auspicio è che i finanziamenti crescano di almeno di 1 miliardo di euro all’anno per il prossimo quinquennio, così da arrivare in 5 anni ad avere un budget simile a quello francese", ha aggiunto.
Cop26, per un (desiderato) cambiamento radicale
Mancano pochi giorni all’inizio della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021 (la cosiddetta Cop26, a Glasgow in Scozia), con l’obiettivo di promuovere un’economia più green riducendo l’utilizzo dei combustibili fossili e garantendo lo sviluppo e il sostegno necessario alle imprese. Saranno presenti gli esponenti di circa 190 paesi del mondo, oltre a tanti attivisti tra cui Greta Thumberg, per trovare soluzioni condivise e - sperabilmente - coraggiose per far fronte alla crisi globale.
Non a caso proprio ora che siamo in una fase preparatoria alla Cop26, Parisi è intervenuto sottolineando l’importanza di questa occasione per prendere decisioni che siano davvero utili e incisive. Come ha chiarito parlando con i giornalisti, "La cosa peggiore che si può fare è attuare misure marginali, fingendo che possano essere efficaci. Servono azioni serie che affrontino la questione dei costi, per suddividerli in maniera equa e solidale tra i vari paesi e le varie fasce della popolazione".
"Il grosso dei costi non può gravare sulle persone meno abbienti, che non sono in grado di affrontarli e determinerebbero un rigetto da parte della società di fronte a queste misure, con conseguenze terribili", ha ammonito. In questo senso i prossimi 5 anni, con il contributo del Pnrr, saranno decisivi per tracciare una linea operativa efficace per la realizzazione della transizione energetica.